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Sessismo, l’uguaglianza che non c’è

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di FLAVIO DIOGRANDE

Ci siamo appena lasciati alle spalle la ricorrenza celebrativa dedicata alla donna e sono passati quasi 25 anni dalla storica, prima Conferenza Mondiale sulle Donne, svoltasi a Pechino nel settembre del 1995, nel corso della quale venne indicata la strada che avrebbe dovuto portare a un progressivo miglioramento della condizione femminile in tutti i paesi:  «Perché si possa raggiungere la giustizia sociale e la prosperità, e si possa realizzare uno sviluppo sostenibile è necessario che si verifichi l’eguaglianza di genere». Quel giorno segnò l’avvio di una campagna globale in favore della tutela e del riconoscimento dei diritti delle donne in tutto il mondo, racchiusa nello slogan lanciato da Hillary Clinton: «I diritti delle donne sono diritti umani, i diritti umani sono i diritti delle donne». I progressi verso la parità di genere registrati negli anni, tuttavia, appaiono sempre più insufficienti alla luce delle nuove problematiche che incidono sulla condizione femminile.

«Non c’è paese immune dalla violenza contro le donne», ha affermato al Palazzo di Vetro dell’ONU la direttrice di UN Women Phumzile Mlambo Ngcuka, presentando il rapporto “Gender Equality: Women’s Rights in Review 25 Years After Beijing” sulla disuguaglianza di genere e sugli atteggiamenti nei confronti delle donne in tutto il mondo. I risultati della ricerca condotta dalle Nazioni Unite, messa a punto elaborando dati raccolti in 75 Paesi che accolgono complessivamente l’80 per cento della popolazione globale, mostrano l’incapacità di superare preconcetti antichi ed evidenziano numeri piuttosto allarmanti sull’uguaglianza di genere in ottica futura. I pregiudizi analizzati attraverso sette elementi di valutazione – ad esempio, agli intervistati è stato chiesto se gli uomini fossero o meno leader politici migliori, se l’università fosse più importante per gli uomini che per le donne, se gli uomini dovessero avere più diritti su un lavoro rispetto alle donne, se la violenza fisica da parte di un partner fosse giustificata – confermano la disparità di trattamento e gli atteggiamenti discriminatori verso il gentil sesso.

Dal rapporto, ricavato attraverso informazioni, statistiche e sondaggi sull’applicazione e la percezione dei diritti di genere, emergono conclusioni che destano preoccupazione: il 91% degli uomini e l’86% delle stesse donne coltiva tuttora almeno un elemento di “pregiudizio verso l’universo femminile in relazione alla politica, all’economia, all’educazione, alla violenza sessuale” o ai “diritti riproduttivi”. Nel rapporto si legge inoltre che otto persone su dieci sono convinte che gli uomini siano leader politici migliori delle donne, quattro su dieci che siano meglio al vertice del business e che abbiano più diritto a un lavoro quando i lavori sono scarsi, il 28 % ritiene che un uomo sia giustificato se picchia la moglie. Nei 50 Paesi in cui le donne hanno livelli di istruzione superiori agli uomini, il loro salario è in media inferiore del 39 per cento rispetto a quello dei colleghi maschi e questo anche se mediamente le ore dedicate al lavoro sono superiori.             Pedro Conceicao, funzionario Onu e responsabile del rapporto sottolinea la gravità della situazione: «Sono numeri che io considero scioccanti, viviamo ancora in un mondo dominato dai maschi. Vi sono progressi – ha aggiunto – in molte realtà di base nella partecipazione e nell’empowerment delle donne, ma in altre continuiamo a sbattere contro un muro». La riduzione generalizzata in molte aree del mondo dell’Indice di sviluppo umano è, secondo il report, correlata al rischio di una maggiore disparità di genere: più si riducono le opportunità di benessere e l’accesso ai servizi e ai diritti, più peggiora la condizione di bambine, giovani e donne.

Per raggiungere una reale uguaglianza tra uomo e donna, che porterebbe benefici e sviluppo a livello globale anche dal punto di vista economico, occorre che gli Stati promuovano delle politiche sociali tese a favorire e a riconoscere il ruolo fondamentale della donna nella società. Per fare ciò è necessario però maturare una maggiore consapevolezza dello stato di salute dei diritti delle donne, come ha sostenuto Phumzile Mlambo Ngcuka: «Parità non è solo avere un posto su 4 al tavolo del potere. Questa purtroppo è la reale rappresentazione delle donne nel mondo. Gli uomini detengono il 75 % dei posti nei Parlamenti, Il 73 % nei vertici delle aziende, il 70 % tra i negoziatori sul clima e nelle trattative di pace. Questo – ha continuato Phumzile Mlambo Ngcuka – non è un mondo inclusivo e paritario. Dobbiamo agire per crearne uno che non discrimini le donne. Solo ‘metà’ è una divisione equa e paritaria e solo ‘metà’ può considerarsi sufficiente».

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo