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Democrazia e comunicazione al tempo delle dirette facebook

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di LAVINIA ORLANDO

Si sa che l’espressione “clima di unità nazionale”, in Italia, rappresenta un concetto quasi impossibile da raggiungersi, se non in circostanze particolari, quale potrebbe essere, ad esempio, la vittoria dei Mondiali di Calcio – ed anche in questo caso si sono comunque sperimentate polemiche di ogni tipo.


Non fa eccezione la buriana in corso da oltre un mese a questa parte. Sebbene l’emergenza determinata dal Covid-19 abbia generato, nelle prime fasi di crescita esponenziale, una sorta di pax, sono bastati pochissimi giorni per ritornare alla ben nota verve polemica che caratterizza il nostro Paese.

Giusto il tempo di riprendersi dallo shock, in una sorta di macabra assuefazione alle centinaia di morti che il bollettino di guerra della Protezione Civile ci riserva ogni pomeriggio, che le diatribe proprie di una politica che non riesce a fare a meno delle sterili polemiche sono ripartite di buona lena, coinvolgendo anche il mondo del giornalismo.

La premessa è d’obbligo: nonostante la situazione emergenziale, il dibattito serio e, soprattutto, competente non deve assolutamente sparire ed il confronto tra parti ed idee, anche totalmente contrapposte, deve permanere, dovendo (dibattito e confronto) essere finalizzati al raggiungimento della migliore tra le soluzioni possibili, in una fase in cui l’Italia necessiterebbe del più elevato mix possibile tra scienza, politica ed economia.

Il problema è che il livello della dinamica dialettica caratterizzante la politica nostrana riesce difficilmente ad elevarsi, nonostante la pandemia mondiale e nonostante un numero di vittime che, sebbene sia in lieve decrescita rispetto a qualche giorno fa, continua a lasciare interdetti.

E spiace constatare che anche il giornalismo serio, a volte, cada nella trappola del battibecco sterile, cioè di quel contrasto incentrato su questioni di lana caprina, che potrebbe pure risultare vagamente interessante in tempo di pace, ma che rappresenta un inutile dispendio di energie in un momento in cui si dovrebbe disquisire, in maniera approfondita, di ben altre faccende.

In questo senso, la polemica sorta tra il direttore del TG LA7, Enrico Mentana, ed il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, rientra pienamente in quest’ultima classificazione. La vicenda è abbastanza nota: il Premier, durante una diretta facebook, ha replicato alle accuse precedentemente mossegli contro da Salvini e Meloni (circa il tanto citato MES), criticandoli di aver rilasciato dichiarazioni false. Alla luce di ciò, Mentana ha imputato Conte di aver abusato delle reti unificate per additare alcune figure dell’opposizione, precisando che giammai avrebbe mandato in onda quella parte di conferenza stampa se solo l’avesse saputo per tempo. La polemica è ovviamente proseguita, tanto con le repliche dei diretti interessati, Salvini e Meloni, che, a parte gli imbarazzanti paragoni con Unione Sovietica e Corea del Nord, si sono addirittura rivolti a Mattarella (Salvini) ed hanno richiesto alla RAI di poter replicare, con lo stesso spazio ed alla stessa ora concessi a Conte (Meloni), tanto con la prosecuzione del botta e risposta tra Palazzo Chigi e Mentana.

Non si vuole scendere in questa sede nel merito della vicenda MES, limitandosi a ragionare intorno alla questione per così dire stilistica, circa la legittimità delle affermazioni del Presidente del Consiglio in relazione allo strumento divulgativo utilizzato, che è poi il fulcro della discussione in atto tra Conte e Mentana.

Se il Premier avesse utilizzato un canale istituzionale – per intenderci il c.d. messaggio a reti unificate proprio del Presidente della Repubblica – quanto lamentato da Mentana sarebbe stato assolutamente condivisibile. Non è questo, tuttavia, ciò che si è verificato. Conte ha utilizzato lo strumento della diretta facebook che, per quanto oramai molto in voga, non è di certo il mezzo istituzionale che non prevede, al suo interno, alcuna forma di polemica di qualsivoglia portata.

Alla luce di ben più importanti emergenze da risolvere, pare alquanto esagerato, oltreché del tutto fuori luogo, accusare un Primo Ministro di utilizzare le reti unificate per un uso personalistico o, addirittura, di svolgere il suo ruolo in modo autoritario, per il solo fatto di aver replicato, in maniera comunque pacata, a rimostranze di certo non parimenti serene provenienti da una parte dell’opposizione.

Se il nostro Primo Ministro, alla fine di tutta questa brutta storia, non risulterà di certo esente da limiti e colpe rispetto alla gestione dell’epidemia da Covid-19, le opposizioni non potranno di certo  lamentare di non aver avuto possibilità di intervenire, replicare e proporre in ordine a tutte le questioni che sono venute in luce, così come la maggior parte dei giornalisti avranno sicuramente raggiunto l’obiettivo di informare seriamente ed approfonditamente i cittadini, riuscendo altresì a porre in luce le diverse falle del sistema – e ce ne sono state di immense, basti pensare alla terribile storia dello sterminio dei degenti nelle case di cura, in modo particolare in Lombardia.

Porre l’accento su questioni di scarsa rilevanza, come quella rappresentata da Mentana, significa solo sottrarre preziosissime energie alle ben più rilevanti missioni che governo, opposizioni e giornalisti dovrebbero portare innanzi, al fine di raggiungere il solo ed unico obiettivo che tutte le categorie sopra menzionate dovrebbero avere a cuore: uscire, con il minor numero possibile di danni, dalla crisi sanitaria ed economica in cui siamo stati, fin troppo repentinamente, catapultati.