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Società

Dopo il coronavirus, il buio

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di MARIO GIANFRATE

Veniamo al punto cruciale: dopo il coronavirus, quando l’infezione che ha sconvolto le nostre esistenze sarà finalmente debellata, ci illudiamo davvero che la società – o il mondo – saranno migliori?

Che daremo un calcio a quella sottocultura fondata sugli istinti più bassi dell’uomo esaltatasi negli ultimi trent’anni di vita politica e sociale del Paese per riscoprire un rigenerata – nella drammaticità dell’ora – umanità? Manterremo fede ai propositi sbandierati nei lugubri giorni della pandemia? O saranno delle effimere promesse – come si diceva un tempo – da marinaio? Sapremo maturare un serio concetto di libertà?

In tutta coscienza, non ne sono sicuro. Anzi, a dire il vero, gli scenari che si prefigurano per il futuro non mi appaiono così rosei, come una amena corrente di pensiero sostiene; sembra che, su tutto e su tutti, aleggi infatti lo stesso spirito di gaiezza dei passeggeri del Titanic, prima che la nave cozzasse contro un iceberg e andasse a fondo, trangugiando uomini e cose.

La ridotta capacità occupazionale e il fallimento di tante realtà economiche, accaparramento per i clan malavitosi, e l’ulteriore “proletarizzazione” – per usare una categoria marxiana – dei ceti resi poveri o ancor più poveri dalla situazione, a fronte degli speculatori che, come in tempo di guerra, hanno e sapranno approfittare per consolidare arricchimenti, genererà una competizione all’interno della società, con la riproposizione, in forme più agguerrite e carognesche di discriminazioni, di egoismi, di lotta che si tradurrà in una guerra tra poveri.  E i ricchi, naturalmente staranno a guardare. E quel che è peggio, è il rischio di una società con meno diritti legato all’affermarsi di un pensiero unico che, in assenza ormai di quello critico, affiderà il potere a gente senza scrupoli – e abbiamo visto lo sciacallaggio di cui sono capaci proprio nei giorni del dolore, calpestando i morti per accumulare consensi –  relegando sempre più i cittadini al ruolo di sudditi.

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