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L’importanza di digitalizzare in pandemia

La storia insegna come una crisi acceleri un processo già in atto, il coronavirus ha infatti mostrato l’importanza di digitalizzare nel ventunesimo secolo.

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di Alessandro Andrea Argeri

Credit foto Antonio Marano licenza CC BY 2.0

La storia insegna come una crisi acceleri un processo già in atto, il coronavirus ha infatti mostrato l’importanza di digitalizzare nel ventunesimo secolo. 

La pandemia da covid-19 non solo ci ha bloccati in casa ai “domiciliari”, ma a primo impatto il “lockdown” sembrava aver fermato il tempo, averci congelato in una sorta di limbo in cui ci era praticamente impossibile muoversi, agire, vivere, mentre i giorni però effettivamente scorrevano. Fino a un mese prima nessuno avrebbe immaginato una situazione del genere, eppure nonostante lo smarrimento iniziale, grazie alla straordinaria capacità d’adattamento del genere umano, siamo stati capaci di limitare i danni, di “tamponare” per sopravvivere. Darwin sarebbe fiero di noi!

La socialità sembrava essere definitivamente scomparsa. In realtà però, paradossalmente la pandemia pare averci uniti di più. Poco importa se prima uno dei problemi da combattere era proprio quello della popolazione sedentaria, quando ci siamo sentiti privare della libertà ci siamo tutti riscoperti simpaticoni ansiosi di girare il mondo, incontrare a Natale i parenti lontani, stringere nuove amicizie. “L’uomo è l’animale politico per eccellenza” sosteneva Aristotele, a quanto pare il covid gli ha dato ragione. Probabilmente, a distanziamenti terminati, o assisteremo a un revival in chiave moderna di Sodoma e Gomorra, oppure non accadrà praticamente nulla, torneremo ad inventare le scuse più disparate per non uscire il Sabato sera, tanto abbiamo imparato a farci la pizza da soli!

Mascherine Covid Igor Francescato licenza CC BCC BY-NC-SA 2.0

Entrata prorompente nelle nostre vite, ad oggi pure la mascherina si è evoluta, non è più solo un fondamentale dispositivo di protezione, ma ora anche un capo d’abbigliamento, uno “status symbol” tra chi indossa una semplice stoffa, chi il logo della propria squadra di calcio, chi le antipolvere, le chirurgiche, le ffp2, quest’ultimo modello ritenuto quasi più impenetrabile del trio Nesta, Maldini, Baresi. Le case di moda quali Gucci, Prada, Armani, hanno da subito intuito l’affare e cominciato a produrre, a tal proposito il virologo Fabrizio Pregliasco ha cercato negli ultimi giorni di lanciare per l’estate “la moda dell’abbronzatura con il segno”. In ogni caso la mascherina bisogna indossarla ovunque e comunque, anche all’aperto, sebbene su quest’ultimo punto l’evidenza scientifica abbia già mostrato la quasi impossibilità del contagio. Una certezza c’è però: di sicuro in spiaggia quest’anno una maschera la indosseremo… Quella subacquea.

Economicamente, a suon di dpcm circa l’80% degli italiani è stato costretto o alla cassa integrazione o allo “smart working”, dagli amministratori pubblici ai professionisti, fino addirittura agli studenti. Ad ogni modo, chi prima il computer si rifiutava persino di accenderlo, ora è maestro nell’arte del “creating link for meeting”, quando si dice “di necessità si fa virtù”.

Veniamo dunque alla scuola. Collassata in due giorni ad inizio pandemia e in due settimane all’avvento della seconda ondata, si è dovuta innovare con la “dad”, il cui acronimo non significa “docente a domicilio”, ma “didattica a distanza”, ovvero: garanzia del diritto allo studio in stato pandemico. Attualmente però l’alternanza presenza-casa ha cambiato l’acronimo in “did”, cioè “didattica integrata a distanza”. I tempi cambiano, ma la burocrazia resta. Senza soffermarci troppo sui tecnicismi, se prima veniva considerato “hacker” chi riusciva a presentare un power point per l’interrogazione, ora i nuovi Elon Musk hanno imparato ad accedere al registro elettronico. Se l’umanità si evolve grazie al genio, come in “Lucy” è proprio il caso di domandarsi: “cosa succederebbe se usassimo il 100% del nostro cervello?”. 

Infine, nonostante la chiusura delle palestre, nemmeno lo sport si è fermato completamente. Nell’impossibilità di tornare allo stadio gli italiani si sono riscoperti atleti. Con le belle giornate infatti sono aumentati non solo i corridori, ma anche i podisti, per non parlare poi di quanti personal trainer e appassionati del settore hanno avviato sessioni di allenamento online sulle varie piattaforme quali Facebook, Youtube, Instangramm.

In tutto questo, i social sono definitivamente diventati la nuova piazza. In una democrazia in cui tutti possono parlare ma nessuno può esprimere la propria opinione, abbiamo comunque trovato il modo per offenderci tra noi. Roberto Saviano ha parlato dell’aumento del “barometro dell’odio”, effettivamente il malcontento popolare è in crescita. Dopotutto, al secondo anno di pandemia siamo tutti ansiosi di tornare quanto prima alla normalità. Tuttavia, la tecnologia ci ha permesso in qualche modo di resistere, l’importanza di digitalizzare è ormai sotto gli occhi di tutti, che la crisi da coronavirus sia un assaggio del futuro?

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).

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