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Un’identità fluida: essere Gender Fluid

Nel ventunesimo secolo l’argomento identità è stato oggetto di discussione in molti campi. Da quello psicologico, sociologico, economico e politico. A discapito di una dimensione più intima ed individualista, si è preferito spesso parlare di collettività e nazionalità.

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Una breve intervista per comprendere cosa implica essere gender fluid, tra stereotipi e inclusione.

Nel ventunesimo secolo l’argomento identità è stato oggetto di discussione in molti campi. Da quello psicologico, sociologico, economico e politico. A discapito di una dimensione più intima ed individualista, si è preferito spesso parlare di collettività e nazionalità.

Dalla tradizione giunge una visione binaria di identità, con tinte tutte al maschile o al femminile. Nessuno spazio viene riservato per coloro che si collocano in una posizione di mezzo, né per chi si rispecchia in entrambe le voci. 

Su quest’ultimo argomento interviene il termine inglese gender fluid (genere fluido, libero), raccontato tramite le parole dell’intervistato Biagio Morgillo.

Quando perdiamo il diritto di essere diversi, perdiamo il privilegio di essere liberi

Biagio, quale sarebbe una definizione appropriata di gender fluid? 

Una definizione appropriata sarebbe un’identità di genere che cambia nel tempo o nelle circostanze. Io da persona non-cisgender, che si identifica col il proprio genere biologico (he/him – lui), in una determinata circostanza lo faccio con i pronomi she/her (lei). In un’altra circostanza, ancora, posso passare da quelli femminili a quelli maschili. 

Una delle motivazioni può essere anche la percezione che ho di me durante l’arco della giornata. Ad esempio, un giorno voglio identificarmi al femminile, in altri giorni con un’altra identità di genere. Insomma si chiama “gender fluid” poiché l’identità assume proprio il comportamento di un fluido: in un momento può essere un liquido, in un altro un gas e via dicendo!

Il gender fluid può essere descritto come orientamento o una forma di identità di genere?

Non è possibile definire il gender fluid in qualità di orientamento, proprio perché non riguarda l’attrazione verso qualcuno. Piuttosto si fa riferimento all’identità, ad un qualcosa che è diretto verso di sé e non tanto verso gli altri. 

Come si giunge a questa consapevolezza? 

Dare risposta a questa domanda è molto difficile. Sarebbe come provare a descrivere l’origine dell’innamoramento. I sentimenti, come le identità, sono un qualcosa di puramente soggettivo. Dovendo trovare un fattore scatenante, si potrebbe parlare di disagio psicologico ed emotivo. Quest’ultimo non mi permetterebbe di identificarmi nella mia identità di genere. Da qui tutto un lavoro di riflessione e comprensione a livello di circostanze e stati d’animo, che variano di contesto in contesto.

Pensi che l’esser gender fluid sia ancora un tabù per la società?

Per molti, gender fluid significa semplicemente confusione. Come si evince da particolari situazioni, la nostra società è ancora incastrata in molti tabù, frutto di radicalismi mai estirpati. Non è un caso che i termini inclusione, accettazione e rispetto siano così lontani dal collettivo, da credere che il gender sia una dittatura. 

Come rispondere a chi considera il gender fluid come una “devianza”, qualcosa di sbagliato?

Ci troviamo dinanzi ad una società dove il “diverso” viene automaticamente sentenziato come devianza. Ricostruendo questo termine, però, si può evincere come si tratti di una serie di strade che si disgiungono da quelle abituali, ormai da rinnovare. Sono in tanti a vedere il mondo come un sistema fatto da due sole scelte: uomini e donne, maschile o femminile. Deviare, in questo caso, significa dar vita a nuove alternative, di conforto per coloro che vi si rispecchiano. 

Tutto però è molto soggettivo. Nel mio caso, io tendo a spiegare a coloro che mi circondino quanto essere gender fluid non abbia nulla di sbagliato. Tendo a fregarmene, in altri, passandoci su, proprio per una questione di ignoranza generale. Con ignoranza non intendo mancanza di un qualcosa, bensì porre dei muri mentali rispetto a ciò che non si conosce. 

Ciononostante, la stessa visione di devianza suscita in me una forte sensazione di disagio e pericolo. Questo proprio perché vige un’immagine negativa della comunità di cui faccio parte, che al contrario offre quegli stessi principi di inclusione e rispetto. 

Ritieni che la comunità sia inclusiva per quanto concerne questo argomento?

La comunità con difficoltà non è a favore di aiutare e supportare un suo pezzo. Per la comunità LGBTQIA+ non includere l’identità “genderfluid” sarebbe come buttarsi una zappa sui piedi. Possono esserci casi di persone della comunità che hanno dato contro a persone genderfluid ma comunque sono episodi rari e collegati, comunque, all’ignoranza di alcuni.

Siamo tutti unici e splendamente diversi (Maria Ruggi)

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