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Il racconto che di noi ci piace fare

Talvolta, quando mi capita di trovarmi tra la folla, mi domando quali siano le vite autentiche che si celano dietro cappotti, i maglioni, le pettinature che ci fanno tanto simili in apparenza gli uni agli altri, quali passioni per ciascuno siano invincibili e quanta felicità abbia abitato i giorni degli individuii in cui mi imbatto. Raramente trovo risposta.

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Talvolta, quando mi capita di trovarmi tra la folla, mi domando quali siano le vite autentiche che si celano dietro cappotti, i maglioni, le pettinature che ci fanno tanto simili in apparenza gli uni agli altri, quali passioni per ciascuno siano invincibili, quanta felicità abbia abitato i giorni degli individuii in cui mi imbatto. In genere e chi mi conosce personalmente lo sa, mi incuriosiscono tanto le esistenze quanto le ragioni degli altri, benché sia convinta che ciò che si dichiari sia sempre ostaggio di un sé che non accetta fino in fondo di essere raccontato. E così ad alcune domande sulla propria persona vi saranno molti che daranno l’immagine di ciò che avrebbero voluto essere, piuttosto che quella di ciò che sono realmente e questo il più delle volte in quasi totale buonafede, perché non colgono i propri limiti o perché questi sono ai loro occhi talmente inconfessabili o inaccettabili che parlare di essi metterebbe a repentaglio la resistenza, la forza necessaria per vivere nel contesto di cui fanno parte. Già, il contesto. Vi sono contesti nei quali mentire è doveroso come una consuetudine e quando si incontrano individui che ne fanno parte bisogna essere in grado di decodificare le menzogne che raccontano, convinti peraltro sia cosa normale. Da ragazza, a scuola soprattutto, mi accorgevo che alcuni compagni mentivano più di altri e non per un problema psicologico, ma per l’appartenenza ad un ambiente nel quale non era cogente il racconto dei fatti, delle cose per ciò che realmente erano. In questi stessi ambienti ovviamente anche gli adulti sono inclini alla menzogna, tanto che tutte le volte in cui mi ci imbatto, inevitabilmente mi domando come facciano, in mezzo a quelle bugie a regolare, ad organizzare le proprie esistenze, a distinguere essi stessi il vero dal falso. In ogni caso accettare i nostri limiti o nostri fallimenti può essere un’ impresa titanica, spesso impossibile e questo per la semplice ragione che produce sofferenza, una sofferenza che non è detto si attenui con gli anni, anzi di frequente l’età ci rende ancor più vulnerabili di quanto prima non fossimo ed allora molti cercano sollievo nel lavoro ed in questo i lavori, come quello dello scrittore, dell’artista in genere, che prevedono l’utilizzo di un certo grado di creatività risultano particolarmente utili, poiché “ricostruiscono” il mondo, liberandolo di una serie di dolorose caratteristiche. Io stessa, di fronte a sofferenze che non riesco a vivere, nemmeno impegnandomi proficuamente in altro, ho talvolta creato realtà fittizie nel mio immaginario, facendo agire o pensare alcune persone in modo diverso da quanto in realtà non facessero e questo in perfetta consapevolezza e per il tempo necessario a recuperare la forza sufficiente ad affrontare le cose per come effettivamente erano. Benché però i fatti siano soggetti a racconti di essi e benché tali racconti possano essere anche infiniti nel loro numero, esiste qualcosa che non è che una ed autentica ed è la storia personale di ciascuno di noi. Per quanto infatti si racconti a sé stessi una storia anche credibile su ciò che siamo, ciò che facciamo rivela quanto noi forse nemmeno volendo, saremmo in grado di dire. È il luogo in cui a giocare sono solo le verità (di quanto ne siamo responsabili è un discorso diverso e più complesso). In questo luogo non è nemmeno contemplato l’archetipo della menzogna e, forse perché anche la storia personale può essere raccontata solo ex post, se per una vita ogni santo giorno hai fumato, con certezza si potrà dire che sei stato un fumatore, o meglio che hai avuto il desiderio di fumare ed hai fumato ed è onesto sottolineare che hai compiuto una scelta, vera o apparente non ci è dato saperlo, tra i tuoi desideri, ciò che sei e ciò che la  legge, la consuetudine o la religione ti hanno insegnato fosse giusto. Certo potresti ribattere che il tuo desiderio di fumare sia stato più impellente dei consigli del tuo medico e che  ti è stato impossibile scegliere di non fumare, ma è altrettanto vero che un bisogno, a meno che non si tratti di un bisogno primario, a seconda che sia agito o no, ci apparirà più o meno forte. È altrettanto vero che vi sono in noi tendenze naturali che ci spingono alla soddisfazione di un bisogno e non di un altro e in ciò non vi è scelta alcuna: prevale la forza innata. Ecco, io credo che la storia personale di ciascuno di noi sia raccontata da quegli istinti che sono più cogenti e che ci spingono in una direzione piuttosto che in un’ altra. Di fronte a questi istinti non esiste menzogna ma una sola verità, quella che ci ordina di compierne la soddisfazione. La menzogna diventa in questo luogo la negazione dell’istinto, del desiderio profondo e potrebbe avere qui accezione positiva poiché, allontanandoci dalla potenza di desideri ingestibili, svolgerebbe un ruolo utile alla convivenza civile. Nonostante ciò però, nonostante la mediazione che siamo in grado di esercitare attraverso scelte razionali, la natura profonda non tarda mai ad affacciarsi, a scrivere per noi un libro ed uno solo che ci racconta e parla anche di ciò di cui non ci piace ammettere l’esistenza, quel testo del quale non avremmo mai autorizzato la pubblicazione se avessimo potuto scegliere, ma com’è noto, a differenza nostra la vita non ha mai chiesto permessi per esprimersi tanto nella sua grandezza, quanto nelle sue imbarazzanti bassezze.

  Rosamaria Fumarola

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Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano