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Madri che feriscono: le sfaccettature della maternità

In questo magistrale manuale sulle sfaccettature della maternità, la terapeuta Anne-Laure Buffet propone una disamina del rapporto genitore-figlio e nello specifico sul potenziale costruttivo o distruttivo delle madri.

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Immagine fornita tramite Pixabay License di dominio pubblico

In questo magistrale manuale sulle sfaccettature della maternità, la terapeuta Anne-Laure Buffet propone una disamina del rapporto genitore-figlio e nello specifico sul potenziale costruttivo o distruttivo delle madri. Il saggio si divide in tre parti di cui:

-Dalla perfezione alla violenza

-Origini della violenza

-Dal bambino ignorato all’adulto vivente

La prima parte si snocciola su un quadro fin troppo frequente, quale quello di madri violente, narcisiste e tese al soffocamento dei bisogni del loro figlio. La seconda, al contrario, propone una lente di ingrandimento sulla condanna sociale verso l’assenza di desiderio di maternità, e un interrogativo su cosa significhi essere madri. Nella terza, infine, si esaminano le conseguenze della violenza genitoriale, in caso di presenza o assenza paterna.

Il libro non si configura come un’arma sentenziatrice per tutte le madri, bensì una tela fatta di violenze e soprusi, troppo spesso celati a causa di una serie di fattori psicologici. Una tela realizzata sull’analisi e raccolta, con trasfigurazione di nomi e situazioni, di tutti gli studi psicologici condotti dalla terapeuta.

Il problema da cui partire, secondo la Buffet, è la presenza di una tradizione secolare che induce all’idolatria della figura materna, vista come perfetta e unica vera dispensatrice di saperi sulla vita. Per un adulto e a maggior ragione un bambino, distaccarsi dai modelli genitoriali risulta essere difficile. Proprio a causa di un rapporto di dipendenza, riuscire a compiere il “taglio del cordone ombelicale” diventa non solo una vera odissea, ma quasi del tutto impossibile. Da questa recisione, sia prima che dopo, si generano una serie di sensi di colpa, rimorsi e difficoltà nella crescita, specie in presenza di madri fin troppo presenti nella vita del figlio. Malgrado alcune madri siano più introspettive e volte alla costruzione di un rapporto sano, molte sono quelle che rinforzano il loro potere sulla base delle fragilità psicologiche dei figli. Questi ultimi vengono alienati, diventando simulacro di aspettative e obiettivi che devono essere necessariamente raggiunti. Ad esempio molto spesso accade che se uno dei due genitori non ha potuto raggiungere un traguardo giovanile, quelle stesse aspettative in modo conscio o inconscio, saranno rigettate sulla progenie fino a creare un sentiero tracciato ma ostacolante.

Il figlio quindi non diventa più quell’essere da amare incondizionatamente, ma al contrario un fedele servitore, che deve rispondere al richiamo del proprio padrone in modo perfetto. Quella stessa perfezione, come risaputo, porta ad un meccanismo di autodistruzione dei figli, i quali vivono oppressi da responsabilità più grandi di loro.

Ma non solo: nel corso dei secoli si è stabilita una tradizione secondo la quale ad ogni colpa del figlio debba corrispondere un perdono genitoriale, in piena assenza di visione critica. Sovente si ha la frase: “una brava madre ama sempre suo figlio, anche se fosse un criminale”. Se da una parte si hanno quindi madri che colpevolizzano di tutto i loro figli, dall’altra ve ne sono alcune che li de-responsabilizzano in quanto “una brava madre farebbe così”.

Ma cosa significa essere brave madri o pessime? A questa domanda, secondo la Bennet, non vi è una risposta limpida e universale, come un libretto di istruzioni sull’essere genitori. Diversamente, vi sono una serie di luci di un grande prisma che pone però al centro di tutto non solo il figlio ma anche la madre.

Sulla scia di credenze tramandate di generazione in generazione, per alcuni una pessima madre è proprio quella che, al posto di immolarsi nella crescita del figlio, dedica del tempo per sé e per i propri svaghi. Non si tratta di abbandono, come si vuol far credere, ma al contrario di un minimo di amor proprio e consapevolezza del benessere psicologico privato. Questa realtà si verifica specialmente nei piccoli paesi

Proprio come detto qualche riga dinanzi, le tradizioni fungono da lente distorta sull’implicazione della figura genitoriale nella vita dei propri figli e nello specifico sulla rinuncia ai bisogni personali di una madre.

Madri narcisiste

In ripresa del contesto violento di cui si è parlato in precedenza, un esempio di relazione tossica è data dalle madri narcisiste. Con questo termine, viene spiegato quel rapporto in cui le madri tendono a soffocare i propri figli a partire dalla propria crescita. Nel caso specifico, la madre non solo arriva a controllare in modo totalitario la vita del figlio, ma allo stesso tempo a reprimerne l’aspetto sessuale evitando che quest’ultimo possa svilupparsi. Una madre narcistista è quella che avvolge delle catene mentali nella vita del figlio, al punto da creare quello schema di dipendenza affettiva e psicologica. Quasi, si potrebbe dire, come nel caso della sindrome di Stoccolma. Si intende in questo caso un rapporto di gratificazione generato da parte della vittima che viene risparmiata dal proprio carnefice, per il quale è pronta a compiere ogni genere di azione.

Sulla base di quanto detto ora, un figlio può sviluppare un attaccamento morboso verso la madre, ma allo stesso tempo sentirsi legato a questa in seguito a meccanismi di colpevolizzazione e gratificazione. Si ha quindi una madre che ferisce il proprio figlio, fisicamente o emotivamente, reprimendone i bisogni, ma che esce vincitrice e mortificata in quanto l’unica a comprendere quali siano i bisogni più idonei. Da questa repressione si ha una gratificazione in quanto il genitore si comporterà come se nulla fosse successo, elogiando le gesta del figlio e arrivando a complimentarsi in presenza di altri per il ruolo da lui svolto.

Una giovinezza eterna e burnout

Alla madre narcisista si aggiunge quella eternamente giovane e bella, gelosa della crescita del suo successore. Seppur si abbia a che fare con una categoria ristretta, esistono al mondo figure materne che ostentano la loro giovinezza, in un tentativo frenetico di bloccare la crescita del proprio figlio. Tale blocco prevede quindi una madre che umilia, schiaccia il figlio denigrandone non solo la bellezza ma allo stesso tempo la personalità. Il figlio quindi non si riterrà, nella maggior parte dei casi, abbastanza bello, buono ed intelligente. Il tutto diversamente dalla madre, che diventa unico ed ineguagliabile metro di paragone.

Si parla poi del burnout da maternità, fin troppo stereotipato dalla società. Quest’ultima pone un atteggiamento di veto verso tutte quelle madri non pronte, afflitte da un senso di inadeguatezza del loro ruolo e che possono sviluppare una depressione post-partum. Seppur la depressione sia oggetto di nuove discussioni in età moderna, molto spesso alle madri non vengono socialmente concessi dubbi sul loro ruolo, ma solo aspettative da realizzare. Il fine ultimo è quello di rientrare nella casella di “brave, responsabili e perfette” madri, quasi come si avesse a che fare con un catalogo da sfogliare. Il concetto di perfezione viene trasfigurato e portato agli estremi, specie per quanto concerne i genitori, vittime talvolta di retaggi fin troppo antiquati e tossici, da cui è necessario distanziarsi.

Il distacco è il tema chiave del saggio, che conosce nel 2023 la sua terza ristampa. Anne-Laure Buffet quindi propone delle strategie da parte di figli fin troppo maltrattati verso le loro madri; un distacco dalle catene genitoriali e le loro tossicità, ma anche una presa di coscienza verso quegli esempi genitoriali da non seguire e quindi evitare. Un distacco che diventa impresa coraggiosa, lecita e possibile per tutti coloro che desiderano vivere una vita più serena, alla piena ricerca di autonomia e soddisfazione personale.

Quando recidere quindi il cordone ombelicale? Quando dire di no alla repressione dei propri sogni e diritti? Al pubblico la risposta, nella speranza di una lettura che possa coinvolgere il lettore e portare la genitorialità a livelli di conoscenza più elevati e consapevoli.

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