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Coronavirus: gli ultimi aggiornamenti dal mondo della ricerca

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di VINCENZA D’ONGHIA

L’epidemia da nuovo Coronavirus presenta ogni giorno un incremento di casi nel nostro Paese e sta mettendo fortemente in crisi il Sistema Sanitario Nazionale.


Nonostante le rigide misure messe in atto dal Governo centrale e dalle Regioni per contenere l’epidemia, non tutti i cittadini si sono mostrati pienamente collaborativi. Infatti, pur non volendo negare l’assoluta validità della profilassi specifica rappresentata soprattutto dalle vaccinazioni, le malattie infettive vengono ridotte in numero e frequenza anzitutto mediante scrupolosissime misure igieniche a livello individuale, collettivo e strutturale che vanno sotto il nome di profilassi aspecifica. L’isolamento, ossia la separazione per il periodo di contagiosità delle persone infette dagli altri, è un provvedimento mirante   a prevenire o limitare la trasmissione diretta o indiretta dell’agente infettivo. Ciò che rende difficile, nel caso del SARS-CoV 2, l’efficacia di questo presidio preventivo, è il fatto che siamo di fronte ad un nuovo agente patogeno sui cui meccanismi di trasmissione e patogenicità sappiamo ancora molto poco. Innanzitutto lo stesso virus può causare un’infezione con un quadro clinico molto sfumato e aspecifico e, al tempo stesso, una severa polmonite interstiziale bilaterale, con il risultato che non sempre i sintomi d’esordio sono in grado di farci identificare un paziente affetto. Sappiamo inoltre, dal case-report pubblicato sul New England Journal of Medicine che faceva riferimento al presunto “paziente 0” tedesco che avrebbe trasmesso il coronavirus in Europa, che l’infezione può essere trasmessa da un soggetto totalmente asintomatico, in quel particolare caso la manager cinese che avrebbe espresso la malattia solo durante il viaggio di ritorno dalla Germania alla Cina. Alla luce di tali acquisizioni, dunque, evitare assembramenti, luoghi affollati, occasioni in cui la distanza tra un soggetto e l’altro sia inferiore a 1-2 metri, rappresenta l’unico mezzo per impedire la trasmissione del patogeno e circoscriverlo, sperando in una progressiva attenuazione della virulenza e della contagiosità. Uno studio su 24 soggetti asintomatici con tampone nasofaringeo positivo ha mostrato che solo il 20% di essi ha sviluppato sintomi lievi (febbre, astenia e tosse) durante il periodo di osservazione. Il 50% dei soggetti presentava un tipico quadro “a vetro smerigliato” alla TC del torace e il 20,8% un rafforzamento della trama interstiziale del polmone. Il restante 29,2% dei soggetti non presentava sintomi né evidenze radiologiche dell’infezione. Quest’ultimo gruppo comprendeva però soggetti molto giovani con un’età media di 14 anni. Uno studio ha inoltre messo in evidenza che il tasso di mortalità intorno al 2,3%, registrato in Italia e in Cina è sovrapponibile con una maggiore letalità nei soggetti anziani e con importanti patologie preesistenti. Il dato generale più alto nella popolazione italiana divulgato nei giorni scorsi deve tener conto del fatto che l’età media della popolazione italiana è maggiore rispetto a quella cinese (44 vs 37 anni) e in Italia c’è un maggior numero di malati con età superiore agli 80 anni. Infatti l’età media dei casi cinesi è di 40 anni mentre da noi in Italia sale a 60 anni.

È noto che i virus sono in grado di inibire la risposta immunitaria dell’ospite con diversi meccanismi tra cui una diminuzione della produzione del complesso maggiore di istocompatibilità, un minore riconoscimento da parte dei linfociti T delle cellule infettate dal virus, la produzione di recettori che proteggono le cellule infettate dalla distruzione mediata da un meccanismo conosciuto come complemento, la produzione di proteine che interferiscono con l’attività dell’interferone, uno dei nostri più potenti meccanismi di difesa, e l’elaborazione di proteine dette superantigeni. Nelle forme più gravi di Covid-19 è stata riscontrata una severa linfopenia, ossia una diminuzione così marcata del numero dei linfociti, da farla assumere come possibile marker per un’infezione di maggiore gravità. Questo dato si rivela ancora più significativo se consideriamo la condizione dei pazienti sottoposti a terapie immunosoppressive e i pazienti oncologici in cui riscontriamo una particolare severità nelle infezioni da nuovo coronavirus.

Alle ore 18 dell’11 marzo, in Italia si registravano 10590 casi con 827 decessi e 1045 guarigioni. 3724 soggetti risultavano in isolamento domiciliare, 5838 ricoverati con sintomi e 1028 in terapia intensiva. In Puglia i casi totali salgono a 77 su 909 tamponi effettuati. 29 pazienti sono in isolamento domiciliare, 38 ricoverati con sintomi, 4 in terapia intensiva. I decessi sono 5 mentre 1 paziente risulta guarito. La provincia maggiormente colpita è quella di Foggia con 24 casi, seguita da Bari (18), Brindisi (15), Lecce (12), Taranto e BAT(4). Per il momento i casi pugliesi sono legati perlopiù a recenti viaggi nelle regioni dell’Italia Settentrionale dove sono presenti focolai attivi dalla metà di febbraio o contatti stretti con persone che avevano soggiornato in dette aree. Ciò rende ragione dell’esigenza, soprattutto dopo il decreto che aveva limitato l’accesso e l’uscita da 14 provincie dell’Italia Settentrionale prima dell’estensione della “zona rossa” a tutta Italia, di un periodo di quarantena di 14 giorni per tutti coloro che hanno tentato la “fuga” verso le regioni meridionali di origine nelle ore immediatamente precedenti all’entrata in vigore del decreto.

Secondo un’analisi condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, nei pazienti positivi al COVID-19 i sintomi di esordio più comuni sono la febbre e difficoltà a respirare, mentre meno comuni sono i sintomi gastrointestinali, in particolare la diarrea, e l’emottisi, l’emissione di sangue dalle vie respiratorie con un colpo di tosse.  Febbre e dispnea sono presenti come sintomi di esordio rispettivamente nell’86% e nell’82% dei casi esaminati. Altri sintomi iniziali riscontrati sono tosse (50%), e appunto diarrea ed emottisi (5%). “Questi dati suggeriscono che per chi presenta solo febbre è sufficiente allertare il proprio medico rimanendo a casa – spiega Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss -, mentre in presenza di entrambi i sintomi è meglio contattare il 112 o 118. In ogni caso ricordiamo che bisogna assolutamente evitare di andare per proprio conto dal medico o al pronto soccorso, per evitare di esporre il personale e i pazienti a rischi. Seguire questa e tutte le altre norme di prevenzione dettate in questi giorni è fondamentale per rallentare il più possibile l’epidemia e proteggere le persone più fragili. Le misure individuali di limitazione dei contatti sociali sono fondamentali per poter contrastare il virus, facciamo appello al senso di responsabilità di tutti”.

Nella serata dell’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente dichiarato la malattia da nuovo coronavirus SARS Co-V-2, Covid-19, una pandemia.

Immagine I: Planisfero che ci mostra la diffusione del Covid-19 fuori dalla Cina, aggiornata a due giorni fa.

Bibliografia

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  2. www.epicentro.iss.it L’Epidemiologia per la Sanità Pubblica, Istituto Superiore di Sanità-Sito Ufficiale
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Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo