Mettiti in comunicazione con noi

Sanità

A colloquio con Mina Welby

Avatar photo

Pubblicato

su

di SERGIO TATARANO

La polpa verrà offerta come regalo di Natale ai sostenitori della intangibilità della vita, agli Italiani rimarranno le penne e la discriminazione: chi potrà andrà in Svizzera o nelle cliniche compiacenti dove il vil metallo li sottrarrà all’inutilità di agonie colpevolmente protratte…chi non potrà si consolerà con…le penne del Tacchino”.


Parlava così, Piergiorgio Welby, delle prospettive di una legge sul testamento biologico. Era il 27.12.2003 e questo era il linguaggio crudo di un uomo simbolo di una lotta, quella per la morte non dignitosa (“dignitosa dovrebbe essere la vita…Definire la morte per eutanasia “dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire”) ma semplicemente opportuna (“Opportuno è ciò che spinge verso il porto”). Piergiorgio se ne andò quattro anni fa. Molte cose sembrano rimaste intatte. In particolare, una legge sul testamento biologico ancora non c’è, nonostante il sacrificio di quell’uomo e di altri come Beppino ed Eluana Englaro, nonostante le morti silenziose e silenziate che non saranno mai conosciute. Eppure la consapevolezza è un’altra nel Paese.

Mina, la moglie di Piergiorgio, è la personificazione della lotta per il riconoscimento legale delle disposizioni di fine vita, ma è anche la protagonista di una delle più belle storie d’amore che hanno commosso tanti Italiani. Oggi Mina –autrice di recente insieme a Pino Giannini del libro “L’ultimo gesto d’amore” (Edizioni Noubs) – va in giro per l’Italia a proseguire la battaglia del marito, anche attraverso la promozione dei registri comunali dei testamenti biologici (in Puglia, Francavilla Fontana è stata la prima ad istituirne uno), ultima arma rimasta in difesa del diritto all’autodeterminazione, attraverso il quale si può dare un senso ad una esistenza lasciando le proprie disposizioni finali, che sintesi di ciò per il quale ognuno di noi vuole essere ricordato.

Prova a chiudere gli occhi e pensa a quattro anni fa. Cosa ti viene in mente se ricordi quei giorni terribili?

Ho il desiderio che la battaglia che Piero mi fece attivamente iniziare lì accanto al suo letto dicendomi: “Sei un soldatino. Il Calibano deve andare avanti.”, possa essere vinta presto. Mi ripagherebbe di tutto il dolore. Purtroppo non sarà così e mi dovrò accontentare di lasciare a mia volta un Testamento che continui a impegnare i più sensibili.

Cosa provavi quando tuo marito ti faceva capire che voleva andarsene? Vi scontravate mai su questo?

La sua sorte che sarebbe morto prima di me, me la rammentava fin dai primi tempi in cui lo conobbi. Il suo modo di vivere, come se non fosse malato, mi cullava nella sicurezza che la sua fine non potesse essere imminente. Capii che stava male, ma credevo di poter ancora aiutarlo, infatti cercai di convincerlo a sottoporsi a visite specialistiche. Era troppo beninformato sulla sua patologia e rifiutò. A quel punto provai con le cattive e gli gridai in faccia che era un egoista e che il divorzio non glielo davo. Piero aveva sempre avuto grande controllo delle situazioni e seppe gestire anche la mia aggressione e con pazienza e affetto mi fece capire che non era lui che voleva andarsene, ma che la sua malattia chiedeva il suo prezzo.

La parola “morte” evoca un concetto negativo, triste, malinconico. Personalmente non riesco invece ad immaginare quella di Piergiorgio come una morte vera e propria, ma piuttosto come un momento di liberazione, di sollievo, amaro quanto si vuole, specie per chi gli ha voluto bene, ma comunque un viaggio consapevole e voluto dall’interessato. Dopo, hai mai pensato di aver commesso un errore? Ti sei mai pentita?

Quello che dici della sua morte è esattamente quello che ho percepito già dal momento, quando non sentii più battere il suo polso. Fu veramente un addormentarsi per risvegliarsi, ristorato, in un nuovo mattino. Non mi sono mai pentita di nulla e rifarei tutto esattamente come ho fatto.

Rispetto a quando Piergiorgio era vivo, l’Italia ha camminato o è rimasta ferma? Non ritieni che probabilmente da un lato il Paese sia più consapevole e dall’altro la politica abbia invece regredito? Sembra un paradosso, ma probabilmente non lo è, forse è solo l’ennesima dimostrazione di un Paese sempre più lontano dalla politica.

Quando Piergiorgio aprì il forum “eutanasia” sul sito www.radicali.it, il 1°maggio 2002, tentò in qualche modo di innescare una pubblica discussione tra cittadini. Era un piccolo gruppo di persone che ne parlava e dibatteva. La politica a quei tempi fu silente, almeno pubblicamente. Quando si dibatteva in parlamento, raramente, questi temi si spostavano in secondo piano, quasi fossero non necessari o non interessassero la cittadinanza. Sulla stampa fugacemente apparivano dei casi di scelte di fine vita, Forzatti, Vincent Humbert, Diane Pretty, sentenze giudiziarie negative per Eluana Englaro ecc. ma non c’era dibattito tra i cittadini.

Oggi nella politica si sono formate delle fazioni opposte che spesso si attaccano e prendono posizioni scoordinate e faziose. I cittadini si dimostrano interessati e, se non informati, in ricerca di sapere. Nel 2007, inizialmente, vi furono voci che dissero che i cittadini volevano discutere di altro, che questi non erano problemi che interessavano. La vicenda di Eluana poi (in cui anche i cittadini furono spinti a posizioni chiare) fece riaccendere ancora più forte la discussione. Paradossalmente è ora proprio la politica ad accendere discussioni e contrapposizioni fra gruppi e categorie. È la ricerca strumentale per ottenere credito per le prossime discussioni del DDL Calabrò in Camera dei Deputati. Le deposizioni di DAT (Disposizioni Anticipate sui Trattamenti sanitari) all’anagrafe di alcuni comuni o presso associazioni, Chiese Valdesi e notai, sono una spina nell’occhio del Governo. Sente forse minacciato il suo potere sulle libere scelte dei cittadini? Infatti il comunicato dei Ministri Sacconi (Lavoro e Affari Sociali), Fazio (Salute) e Maroni (Interni), inviato ai Comuni che hanno istituito dei registri per le DAT, ha sortito l’effetto contrario di quello voluto: sono nuovi comuni che istituiscono dei registri e i cittadini continuano a depositare, convinti, le loro volontà di scelta.

I cittadini, nonostante la crisi generale, o forse proprio per questa, vogliono salvare almeno i valori alti della loro libertà, i diritti di espressione in responsabilità e libertà di coscienza.

Qual è il “testamento” che Piergiorgio ha lasciato a tutti noi e che in primis tu hai voluto raccogliere? Come pensi che sarebbe felice di essere ricordato?

Inizialmente non fui nemmeno consapevole della portata e del peso che avrebbe lasciato in eredità non solo a me, ma ai Radicali, a tutti coloro che ora si sentono responsabilizzati dal suo messaggio: lavorare per leggi giuste di cui possano servirsi tutti i cittadini per le loro scelte del vivere e del morire. Inerente a queste leggi per DAT e EUTANASIA ci sono una infinità di temi che in futuro daranno filo da torcere.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo