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Sanità

La salute prima di tutto…

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di BARBARA MESSINA

Viaggio nell’Italia divisa fra tutela dei cittadini e probabile ristagno economico


E così la Lombardia si ritrova in semi-quarantena, il corona virus è sbarcato in Italia, nelle due regioni motore dell’economia costringendo i cittadini, compresa la sottoscritta, a modificare le proprie abitudini, al fine di arginare quello che al momento sembra un fiume in piena che colpisce duro soprattutto gli anziani e chi ha malattie pregresse.

La salute dei cittadini prima di tutto è questa la linea scelta dal governo e dai presidenti delle regioni Lombardia e Veneto per combattere il Coronavirus. Una scelta unanime, presa per combattere i focolai di Covid19 scoperti in  Nord Italia, che nessuno si sente di contestare. I contagi, circa 400 e i 12 decessi, interessano principalmente il Veneto e la Lombardia (regioni che da sole valgono 550 miliardi di euro, il 31% del pil nazionale) hanno di fatto messo in Stand by parte dell’Italia o almeno la maggior parte del suo motore economico. Le ordinanze di chiusura che hanno diviso la Lombardia in due grandi aree denominate zona rossa, da dove non si entra ne si esce, e zona gialla, con limitazioni ad alcuni settori, hanno coinvolto scuole, musei, uffici pubblici, piccole e medie imprese, generando una psicosi ingiustificata e ingiustificabile nei confronti dei cittadini di queste zone che rischia di mandare in fumo  milioni di entrate. Un giovedì nero, che per molti economisti ha già innescato danni permanenti nel fragile mercato interno. L’espressione più utilizzata in questi giorni, dagli esperti di finanza, è quella di “cigno nero”, cioè quell’evento imprevedibile in grado di ribaltare l’economia mondiale e nazionale. Un evento che partendo dalla periferia lombarda sta rivoluzionando i listini europei, che nell’ultima settimana, hanno vissuto momenti negativi proprio a causa dei timori legati al virus cinese. Il mercato, secondo gli economisti, è alle prese con «un riposizionamento» contrario a quello che era il trend positivo di inizio anno. Le borse europee al momento sembrano, reggere, provando a reagire alle scosse più forti ma, in un momento in cui il peggio sembra ancora lontano, in molti corrono ai ripari rifugiandosi nell’oro (da sembre bene rifugio) fuggendo dal petrolio sempre più vittima dell’effetto coronavirus. Quali saranno gli effetti per l’economia italiana da anni in perenne sofferenza? Secondo gli economisti è ancora presto per dare una risposta certa e definitiva, anche se il governatore della Banca d’Italia, Visco, parla di «un impatto che potrebbe pesare sul Pil dell’Italia di oltre lo 0,2%». Quello che al momento è certo è la perdita del 30% registrata nel retail, nel primo week end di crisi,  dalle Confederazioni di settore. Il  calo di traffico nei negozi è il primo sintomo tangibile di una crisi che l’economia italiana, già in recessione, non può permettersi. Milano, la laboriosa Milano, la città sempre in perenne movimento ne ha già misurato il primo prezzo da pagare. La settimana della moda milanese, mai così sottotono, ha registrato circa mille compratori cinesi in meno rispetto all’anno scorso, un calo dell’80%, che si spera non incida in modo pesante sulle esportazioni e che va ad incidere su un settore, che nonostante le eccellenze, negli ultimi anni ha già fatto segnare una notevole flessione. Infine, il mancato arrivo dei turisti a Venezia, Verona e Milano ha assestato un’ulteriore duro colpo ad albergatori e commercianti. La situazione è pesante,  l’Italia, Lombardia e Veneto in testa, in questi giorni deve fronteggiare una situazione che non poteva prevedere e che si trova ad affrontare sapendo di non poter rinunciare né al turismo né al suo cuore finanziario. Milano e tutta Lombardia sono il cuore pulsante dell’economia nazionale, nella zona di Codogno,  si trovano i quartieri generali di Eni, Saipem e Snam, la logistica Amazon in Italia, le industrie della meccanica piacentina e i gioielli dell’industria alimentare emiliana. In veneto, nella zona di Vo’ Euganeo, gravita invece l’enorme galassia delle 107 mila PMI del padovano che da sole valgono 29 miliardi di fatturato. Fermare tutto questo è devastante, senza contare che oltre al blocco delle attività produttive si aggiunge il blocco di ogni tipo di manifestazione sia sportiva che ludica con una perdita stimata da  Confturismo, al momento, in circa  22 milioni  di euro.  Secondo gli esperti di macroeconomia, utilizzando i criteri di previsione sul contagio utilizzati durante la crisi della Sars, il conto che il mondo pagherà in termini di rallentamento delle catene di commercio si stima sarà pari a 570 miliardi di dollari. Un problema che in Italia non deve diventare un disastro. Nel “marasma” globale, la strategia adottata dal governo italiano, la stessa adottata in caso di terremoti e altre calamità naturali, mettere in quarantene le zone rosse, rischia di essere pericolosa se non deleteria.  Secondo gli economisti, la scelta di proteggere la salute dei cittadini, rischia infatti di fermare e aggravare la situazione finanziaria già provata da un quadro economico, come quello italiano, dove il 2019 si è chiuso con un segno meno e le stime di crescita prevedono una sostanziale stagnazione dei mercati. Gli economisti, di fatto, sperano nell’autonoma capacità di ripresa dell’economia italiana confidando che il mercato finanziario alla fine riuscirà a  cavalcare questa crisi seguendo il modello cosiddetto a V, dove a una discesa repentina dell’economia il sistema paese è pronto ad una risalita altrettanto repentina che in breve termine compensi le perdite evitando in tal modo il modello a U, che prevede una stagnazione molto più lunga e dispendiosa che l’Italia non sarebbe in grado di affrontare. Qual è dunque la verità? Qual è la scelta migliore? Il Governo sta sbagliando a puntare tutto sulla preservazione della salute dei propri cittadini? Quello che al momento sembra certo è che il Governo Italiano, ha scelto di salvaguardare la salute dei propri cittadini cercando di preservare l’economia del Paese, sperando in tal modo di evitare una crisi dai contorni al momento non delineabili. Sarà la scelta giusta? Ai posteri l’ardua sentenza.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo