Mettiti in comunicazione con noi

Sanità

La sanità pugliese è pubblica o pubblica giungla?

Tanti sperimentano quotidianamente in cosa consista la sanità pubblica declinata alla pugliese, sentendosi spesso cittadini impotenti ed abbandonati a sé stessi, in una lotta da teatro dell’assurdo.

Avatar photo

Pubblicato

su

Credit foto ilriformista.it

Tante volte, soprattutto dopo la drammatica esperienza del Covid 19, ci è stato ricordato quanto fortunati siamo a godere  della sanità pubblica, nella quale tutti hanno il diritto di curarsi gratuitamente presso le strutture messe a disposizione dallo stato. Altrettante volte molti di noi hanno tirato un sospiro di sollievo pensando che a differenza di quanto accade negli Stati Uniti, sarebbero stati curati qualora si fossero ammalati. Ho scritto “molti” non “tutti” perché tanti sperimentano quotidianamente in cosa consista precisamente la sanità pubblica declinata alla pugliese e quel sospiro di sollievo non sono in grado di tirarlo, sentendosi invece cittadini impotenti ed abbandonati a sé stessi in una lotta da teatro dell’assurdo contro chi gli è palesemente ostile e che si ostina ancora e senza titolo ormai a voler essere chiamato “sanità pubblica”. 

Pubblici sono i medici di base, sempre solerti nelle visite, nelle prescrizioni dei farmaci, nel fare il proprio dovere, tuttavia dal momento in cui una prescrizione per un esame urgente o di routine passa dalle loro mani a quelle del paziente, questi entra in un girone dantesco nel quale perde qualsiasi punto di riferimento. Senza grosse difficoltà sarà in grado di recuperare i numeri telefonici che gli consentano una prenotazione telefonica presso i CUP dei centri abilitati, ma scoprirà che a quei numeri non gli risponderà nessuno. Sarà infatti inserito in code lunghissime nelle quali gli si chiederà di attendere al telefono ad esempio trentacinque minuti, trascorsi i quali nessuno comunque si degnera` di ascoltarlo. Deciderà allora di chiamare altri centri che però, nonostante la prescrizione medica indichi magari l’urgenza dell’esame, gli proporranno di aspettare due anni per l’erogazione della prestazione richiesta. Immagino che chi mi legge stia pensando ad una voluta esagerazione da parte della scrivente, invece quella descritta è la mia personale esperienza e non l’iperbole provocatoria di un articolo settimanale. Nel sito della regione Puglia dedicato alla sanità tuttavia, sembra che il cittadino goda dell’imbarazzo della scelta nella decisione di quale possa essere la maniera più sicura ed efficace per curarsi: si sprecano i numeri telefonici, gli indirizzi email tramite cui prenotare qualsiasi tipo di visita ed esame diagnostico e l’elenco stesso delle prestazioni offerte a tutti è degno del paese più civile del nord Europa eppure, qualora riesca ad effettuare una prenotazione, non è raro venga  trattato con sufficienza perché non ha scelto di pagare per quella prestazione. “Ma infondo che importanza ha la questione formale” si dice il contribuente, “se comunque ho ottenuto ciò a cui avevo diritto?”. In teoria si potrà valutare la scortesia di un operatore come un episodio singolo che, come la classica rondine che non fa primavera, rappresenta solo una sfortunata eccezione in una regola invece virtuosa, ma il cittadino scoprirà presto ed ancora a proprie spese che le cose non stanno così e che è riuscito ad ottenere ciò che è nel suo pieno diritto solo grazie alla propria determinazione, dovuta al fatto che magari aveva bisogno solo di un esame di controllo e non di risolvere problematiche serie di salute già in atto e soprattutto che aveva tempo sufficiente da dedicare alla propria ricerca. E se invece fosse stato già malato? E se il lavoro non gli avesse consentito di attendere ore per una risposta? E se non avesse saputo navigare in rete alla ricerca delle necessarie informazioni, come avrebbe potuto curarsi? La soluzione c’è. Sarebbe bastato infatti specificare che si era disposti a pagare, rinunciando alla prestazione gratuita, per vedere di colpo illuminato il tragitto che conduce alla cura, per vedere scomparire le pagine di scartoffie in cui trascrivere i propri dati sperando di non sbagliare, sostituite da una sola semplice firma, per vedere un’infermiera occuparsi delle provette contenenti il proprio sangue ed i propri tessuti senza doverle portare personalmente in laboratorio subito dopo aver subito un un’intervento. Basta pagare e pagare  risulta comunque molto meno oneroso dell’impegno richiesto  per usufruire di ciò che per tutti sarebbe gratuito. 

Senza dire poi di quei controlli periodici che ci vengono consigliati per sconfiggere i “grandi mali” e che è invece impossibile ottenere attraverso il Sistema Sanitario Nazionale, che nella prassi fa di tutto per scoraggiare il ricorso da parte dei cittadini a quegli strumenti che potrebbero salvare loro la vita. Sorge peraltro spontanea una domanda e cioè come è possibile che tutti accettino questo stato di cose senza chiederne a chi di dovere conto, senza organizzare in nessun modo una reazione,  senza nemmeno tentare di reagire a ciò che è da ogni punto di vista e con tutta evidenza un ignobile sopruso nel quale si approfitta della condizione di debolezza di chi ha bisogno di cure? 

Se degli alieni provenienti da una lontana galassia volessero rapidamente farsi un’ idea  della vera natura degli  abitanti del pianeta terra basterebbe descriver loro l’organizzazione del Sistema Sanitario in Puglia nell’anno del Signore 2023: scopriremmo la ragione per la quale gli extraterrestri ci mettono sempre tanto impegno a tenersi lontani da noi…

        Rosamaria Fumarola.

RIPRODUZIONE RISERVATA ©

Scrittrice, critica jazz, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano