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Giacomo Bertagnolli: “la parte più bella delle Paralimpiadi è tornare vincitori insieme ai compagni”.

Intervistiamo il portabandiera azzurro delle paralimpiadi di Pechino 2022, vincitore di due ori ed un argento.

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DI FABRIZIO RESTA

Credit foto: per gentile concessione di Giacomo Bertagnolli

Giacomo Bertagnolli, grazie di avere accettato la nostra intervista. Tu sei classe 1999 e sei appassionato dello sci alpino paralimpico. Prima di tutto te la senti di dirci come hai avuto la tua disabilità visiva?

Si sono nato il 18 gennaio 1999 con l’atrofia del nervo ottico, quindi disabilità visiva sin dalla nascita. Ci vedo circa 1/10 con l’occhio destro e mezzo decimo con l’occhio sinistro. Mi manca quella che è la vista centrale e quella del dettaglio, mentre quella periferica per fortuna ce l’ho, non completa ma ce l’ho.

Nonostante la tua giovane età hai vinto la Coppa del Mondo Generale nel 2015/16. L’anno seguente, ai Mondiali di Tarvisio, ti sei laureato campione del mondo in super combinata. Nel 2018 ti sei imposto alle paralimpiadi di PyeongChang sia nello slalom gigante che nello Slalom speciale. Ai Mondiali a Kranjska Gora ti sei laureato 4 volte campione del mondo in Slalom, Discesa Libera, Super G e SuperCombinata. Stiamo evitando di citare i secondi e terzi posti se no non finiamo più.

Si esatto sono arrivato a questi super risultati, questi livelli veramente alti relativamente in pochi anni, perché è dal 2013 che scio nel mondo paralimpico come agonista e quindi direi che sono ottimi risultati e sempre in miglioramento. Quindi vuol dire che sto lavorando bene e che sto migliorando anno per anno.

Quest’anno alle Paralimpiadi di Pechino hai vinto l’oro nello slalom combinato e nello slalom speciale e 2 argenti nello slalom gigante e nel Super G alle paralimpiadi di pechino. Hai praticamente una medaglia per ogni disciplina. Tutto questo nonostante non sia stato un anno fortunato per te tra la microfrattura e il covid era da dicembre che non sciavi.

La stagione non è stata fortunatissima come hai detto te perché sono subentrate delle cose che mi hanno fatto stoppare per un bel periodo . Il covid l’ho preso due volte: l’anno scorso che mi ha fatto perdere la Coppa generale per 10 punti e quest’anno, a gennaio, il giorno prima della partenza per i Mondiali. Poi la microfrattura il 1 febbraio, in seguito alla caduta mentre mi allenavo per il SuperG, ma ci può stare perché se ti alleni può succedere ma non è capitato nel migliore dei momenti. Però, ecco, sono riuscito a tirarmi bene insieme a portare a termine anche questa missione che avevo in testa da 4 anni delle Paralimpiadi di Pechino.

Nello slalom combinato sei partito fortissimo. Alla prima frazione avevi già 9 decimi di vantaggio sull’allora primo, l’inglese Simpson, per poi chiudere con ben 2 secondi di vantaggio sull’austriaco Aigner. Sentivi già di potercela fare?

La Supercombi era una delle gare a cui tenevo di più e sicuramente la pista da SuperG e quindi anche quella della discesa non mi aiutavano perché non erano proprio la mia pista: troppi piani, quindi diciamo molto per la scorrevolezza e nel mio caso che sono un B3, quindi ho un fattore compensazione del tempo molto ridotto, rispetto ad esempio ai B2, che ci vedono un filino meno di me ma a cui il tempo viene tolto veramente in maniera molto marcata e quindi diciamo non poteva aiutare. Però mi sono dato da fare, perché era la medaglia che mi mancava da Pyeongchang, e quindi era quella che volevo portare a casa più di tutte. Poi sapevo che nello Slalom potevo fare la differenza e ci siamo veramente dati da fare, abbiamo dato il massimo per arrivare giù e portarci a casa questa medaglia, che poi è stata la prima medaglia d’oro e quindi mi sono voluto togliere in un colpo solo, sia la medaglia mancante che l’ansia, o meglio, il timore di non riuscire a portare a casa una medaglia d’oro. Fatto ciò le ultime due gare sono state più facili dal punto di vista mentale.

Nello slalom gigante, invece, sei sembrato partire con qualche titubanza. Cos’è successo?

Si, la pista era bella, però purtroppo, dato che avevo già portato a casa dei bellissimi risultati e sapevo che potevo fare un’altra medaglia, probabilmente ha giocato un po’, nella mia testa, il non rischiare troppo per l’oro e cercare di portare a casa un altro bellissimo risultato…e comunque una medaglia paralimpica è sempre una medaglia paralimpica. Un po’ quello, un po’ la neve che non mi piaceva nella seconda manche, perché ha mollato completamente. Quindi è stato più mentale, probabilmente la potevo vincere ma ecco…mi sono voluto limitare a fare una bella gara, divertirmi e poi il risultato è comunque è arrivato, perché è arrivata una medaglia d’argento e quindi direi che non è male. L’argento poteva essere oro, ma a posteriori potevo fare oro a tutte le medaglie, ma sarebbe facile dirlo adesso.

Tu ti prepari con Andrea Ravelli, la tua guida. Com’è il tuo rapporto con lui ?

Con Andrea uscivo ormai da tre anni, mi trovo molto bene. Abbiamo imparato a conoscerci decisamente bene in pista e poi fuori dalla pista, quindi fuori dagli allenamenti e dalle gare. Andiamo molto d’accordo perché abbiamo due personalità molto simili; tra l’altro, ironia della sorte, siamo nati nello stesso giorno (il 18 gennaio) e quindi, diciamo, è bello condividere tutte queste emozioni con lui perché comunque ci troviamo bene e riusciamo a capirci al volo. Quindi con pochissimo sforzo riusciamo a tirar fuori delle performance in gara che sono notevoli. Abbiamo lavorato tanto sulla sincronia, sul capire quanto io potessi dare in pista e quindi poi Andrea si è tarato sulle mie potenzialità..e questo ci ha permesso di rendere tutto più semplice.

L’Italia si è posizionata undicesima nel medagliere finale dei Giochi, ottenendo in totale 7 medaglie – 2 ori, 3 argenti e 2 bronzi –, due in più di quelle vinte a Pyeongchang 2018. Stiamo crescendo come movimento mi sembra. Senti la pressione di esserne il simbolo?

Una cosa che mi ha fatto particolarmente piacere di questa paralimpiade, oltre ovviamente alle mie medaglie (quelle non le disprezzo mai), è stato poter vincere e poter tornare in patria, in Italia, non da solo con le medaglie al collo, ma accompagnato dai miei compagni di squadra Renè (De Silvestro) e Beppe (Romele) che nel fondo si sono dati da fare entrambi; hanno lavorato veramente benissimo tutti e due, perchè li conosco bene, si sono fatti davvero in quattro per portare a casa questi risultati. Quindi tornare da solo è un conto, tornare con i tuoi compagni che sono riusciti anche a loro a realizzare un sogno, è sicuramente un grandissimo stimolo per poi continuare a migliorare, a lavorare come una squadra e per arrivare ancora più preparati per Milano-Cortina, noi tre ma anche tutti gli altri ragazzi che non hanno fatto medaglia. C’è anche Federico Pellizzari che c’è arrivato veramente vicino. Ci teneva a portare a casa una medaglia, non è arrivata. Quindi anche per lui credo sarà solo una corsa contro il tempo per migliorare il più possibile ed arrivare a Milano-Cortina, cercando di portare a casa una o più medaglie. Questa è stata una delle cose più belle che mi è piaciuta di più rispetto a PyeongChang , dove ho portato a casa tante medaglie ma non ero così legato così tanto ai miei compagni di squadra come questa Olimpiade.

Hai ricevuto la bandiera dal presidente della Repubblica Mattarella? ti sei emozionato quando hai fatto il portabandiera?

Si è stato decisamente bello fare da portabandiera alla cerimonia di apertura. Mi era già capitato di portare la bandiera alla chiusura di PyeongChang e riportarla quindi al Presidente. E’ sempre emozionante perché (lo dico sempre) se già partecipare ad una paralimpiade è una cosa che capita a pochissimi ed è un’emozione unica, arrivare lì potendo portare la bandiera è ancora più unica, che capita davvero a pochi, perché viene scelta una sola persona ogni quattro anni. Quindi per un atleta, poterlo fare per ben due volte, in chiusura ed in apertura è stato incredibile. La cerimonia è bellissima ed è sempre un’emozione.

Cosa ti sentiresti di dire agli altri che hanno disabilità che invece non fanno sport?

Sicuramente fare sport mi ha aiutato tantissimo perché è un modo per innanzitutto stare fuori all’aria aperta, svagarsi, divertirsi. Poi nello sci alpino c’è anche la velocità quindi un po’ il rischio, soprattutto quando non ci vedi….quindi anche quell’adrenalina che a me piace cercare sempre, che ti fa vivere le giornate un po’ più…sai, sul pezzo, senza addormentarsi mai senza diciamo annoiarsi. Quindi l’unico consiglio che posso dare è provare, buttarsi in qualsiasi sport che ti capiti, senza stare a pensare se è pericoloso, è faticoso, ecc. Poi si capisce da soli se fa per sé oppure no. Lo sci secondo me è uno sport bellissimo però io non faccio solo sci, faccio tanto altro, come l’arrampicata, la bici, lo skate…quindi provo tanto e in tutto mi diverto…in tutti gli sport che faccio mi diverto e credo sia la cosa migliore. Sicuramente meglio che stare chiusi in casa a perdere le giornate facendo nulla. Questo è il mio consiglio anche se non è agonistico ma può essere sempre un bellissimo modo per divertirsi.

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