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Kickboxing: Ai campionati italiani di Sava brillano Turi e Conversano

Intervistiamo i coach della Asd Spartan Kombat di Turi e la Fight Club Asd di Conversano che hanno partecipato con successo ai campionati italiani

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DI FABRIZIO RESTA

Credit Foto: Bacucca photo

Il 10 aprile scorso a Sava (Ta) si sono svolti i campionati italiani del Messapicum, di k1, organizzata dal Centurion Club di Manduria, guidato dal coach Giulio Morgante, che ha visto partecipare numerose palestre italiane. Tra queste hanno partecipato la palestra Asd Spartan Kombat di Turi e la Fight Club Asd di Conversano. La parola agli allenatori.

Antonio Albanese, coach dell’Asd Spartan Kombat, è particolarmente raggiante: “La valutazione generale dei miei atleti è molto positiva. Tutti i ragazzi si sono distinti e hanno fatto valere la loro preparazione tecnica. Quindi sono molto soddisfatto. Ogni ragazzo poi ha mostrato qualità differenti. I piccoli si sono dimostrati netamente superiori sia a livello di qualità tecnica, con una pulizia nell’esecuzione molto buona, che negli spostamenti. Anche i ragazzi, quegli più grandi, in linea di massima sono andati tutti bene. Poi se vogliamo parlare di loro singolarmente Mattia Salerno era nettamente superiore dal punto di vista tecnico rispetto al suo avversario, che si è visto chiaramente in difficoltà. Antonella Zella ha fatto dei bei match, molto combattuti e si è difesa molto bene in entrambi gli incontri. Qualche piccolo rimpianto lo si è avuto nel secondo incontro dove ahimè ha ottenuto il pareggio ma era nettamente sua la vittoria ma va bene così. Si fa esperienza, si cresce. Il giudizio degli arbitri non si discute mai. Giovanni Leandro ha fatto una grandissima gara. L’avversario era molto forte ma lui gli ha tenuto testa. Purtroppo ha perso ma era sicuramente uno dei match più difficili che abbiamo sostenuto. Raffaele Lippolis magari rispetto agli altri era un po’ meno pulito rispetto alle tecniche ma ha ha fatto prevalere la sua grande combattività. Infine Fabrizio De Marco, tra i senior, era un fulmine sul ring, molto preciso nei colpi al punto di apparire a tratti quasi invisibile agli occhi dell’avversario. Tra i piccoli Paolo Stella, di 8 anni, era molto veloce, dando poco spazio di manovra all’avversario. Luca Pettico, di 5 anni, bravissimo sugli spostamenti con una freddezza incredibile. Ha adffrontato la gabbia e il suo avversario con molta tranquillità. Aboutmane Nizar, anche lui di 5 anni,era molto veloce e pulito nelle tecniche. Alessandro Caffò era magari un po’ meno combattivo, ma ha gestito lo stesso molto bene l’incontro. Non potrei essere più soddisfatto di così. Certo, su ognuno di loro c’è qualcosa su cui lavorare, quindi bisogna agire a livello individuale, specie durante gli sparring ma questo sport è così. bisogna migliorarsi ogni giorno”.

Antonio Albanese ha una palestra a Turi, insieme al suo socio Michele Lorusso, e oltre ad allenare piccoli e grandi, ha fatto molti progetti di inclusione sociale, tra cui Aiutaci ad aiutare”, in collaborazione con gli assistenti sociali, fa allenare gratuitamente i bambini delle famiglie meno abbienti, fornendo loro anche i dispositivi occorrenti. “Non è finita qui” – continua Antonio – “abbiamo altri progetti in mente su cui stiamo lavorando ma preferisco non dire nulla finchè non verranno realizzati. Posso solo dire che, come abbiamo fatto sempre, abbiamo sempre un occhio rivolto all’inclusione sociale, sia dal punto di vista degli stranieri che dei diversamente abili”. Gli chiedo quale sarà il prossimo obiettivo. “A parte i progetti di cui ti ho accennato, il lavoro in palestra in fondo è sempre mirato alle gare. Non perchè sia importante il risultato ma perchè è quando si fa sul serio che si vede se abbiamo lavorato bene”. Gli ricordo la manifestazione della scorsa estate e gli chiedo se lo rifarà quest’anno. “Sicuramente qualcosa faremo. Certo, sarebbe meraviglioso organizzare dei Campionati Italiani a Turi. In passato lo abbiamo fatto ed è stata una bellissima esperienza. Non è escluso che si possa rifare”. Quest’anno? – “Chissà. Vediamo”

Marco di Liddo, fighter e coach del Fight Club Asd di Conversano, commenta soddisfatto: “Siamo andati molto bene. Giovanni Pascale (k1 light) era al suo esordio, ha trovato un’atleta in gamba che ha avuto la meglio. Probabilmente con qualche incontro in più sulle spalle avrebbe potuto competere. Infatti nel successivo incontro ha vinto, non ripetendo gli stessi errori, a dimostrazione che ha pagato un po di tensione nel primo match. Attilio Massimo Vitto, anche lui all’esordio nel MMa light, ha vinto in 2 riprese da 4 minuti. Personalmente sono soddisfatto. Vincere o perdere non è importante ma voglio dai miei atleti la capacità di imparare dagli errori e soprattutto che alla fine dell’incontro stiano bene”

Marco Di Liddo appartiene al vecchio romantico mondo degli sport da combattimento, dove ci si allena tanto ma adattandosi ai pochi mezzi a disposizione. Un sognatore che ha lasciato il lavoro da cuoco per dedicarsi completamente alla sua passione. Parlando del suo lavoro precisa subito: “Il nostro sport è vittima di pregiudizi, perchè ci considerano gente violenta, ma da noi gente con i grilli in testa non ci entrano. Noi non facciamo altro che valorizzare il talento dei ragazzi, insegnando loro l’autodifesa”. “Per questo” – continua Di Liddo – “non è semplice fare questo lavoro nei paesini. Da me vengono più persone da fuori che di Conversano”. Gli faccio notare che è uno sport duro dove gli atleti si fanno male e che non tutti sono disposti a esporsi a questo rischio. Il coach conversanese replica subito: “Ci si fa più male a giocare al calcio. Attenzione, è chiaro che qualche pugno in faccia lo prendi. Questo infatti è un altro dei falsi miti degli sport da combattimento: durante gli sparring non si colpisce forte. Lo sparring è un momento in cui si provano le tecniche. E’ importante far capire, soprattutto nei paesini del Sud che chi entra nelle nostre palestre non si farà male”. Efettivamente, questo luogo comune è dovuto probabilmente dall’ignoranza di chi non si è mai affacciato in maniera seria a questo splendido sport. Marco ha praticato diversi sport da combattimento sin dall’adolescenza “ho iniziato 2011 con la KickBoxing a Bisceglie, nel 2013 ho conosciuto il mio ex allenatore Emanuele Calabrese, ho fatto svariati match con lui, sia nel light che nel full fino al 2018 quando sono andato via e ho cominciato a girare le palestre”. Marco di Liddo non si è lasciato scoraggiare da chi denigrava questo sport e si è adattato in base alle situazioni. ” Io non faccio corsi, preparo le persone, ossia alleno su appuntamento. Non alleno più di 3-4 persone alla volta. Secondo me non è possibile seguire efficacemente molte persone contemporaneamente. Preferisco allenare in una struttura piccola dove posso seguirti. Ovviamente gli agonisti sono a parte ma anche quelli li seguo in numero ristretto”. Nella mia, probabilmente antica visione delle palestre, ho sempre visto il coach come un ex combattente che non potendo più combattere si dedica all’insegnamento. Marco è diverso: lui combatte e insegna allo stesso tempo. Incuriosito gli chiedo come fai a gestire entrambi i ruoli. ” Guarda, io dopo il mister Calabrese non ho mai avuto un vero coach. Però sono convinto che un fighter diventa tale soltanto confrontandosi con gli altri: sono andato in molte palestre in particolare quella di Muller a Bari, un bravissimo allenatore di Muay Thai presso la Gym Body&Brain e quella di Morgante, dove ho appreso tantissimo e si continua ad avere collaborazione e sostegno durante i match”. Giulio Morgante, in effetti, è molto conosciuto nel suo ambiente: molti suoi atleti hanno fatto parte della Nazionale di MMA, tra questi ci sono Massimiliano Sammarco, medaglia d’argento agli europei e bronzo ai mondiali, Florenzo Pesare, campione italiano Pro Fight 1 della categoria 70 kg, senza dimenticare Controversa, anche lui campione italiano Pro 77 kg. “In generale ho incontrato molte altre persone” – continua Marco – “da cui ho appreso tanto e a cui sono profondamente grato. Dai maestri si apprende ma poi il miglioramento continuo tocca all’atleta. Ad esempio dopo gli incontri io riguardo un’infinità di volte il video, guardo gli errori, riprovo le tecniche. Io faccio questo” Alla domanda se riesce a vivere di questo lavoro lui risponde secco: “Il termine giusto è sopravvivere. Una volta pagate le spese, quello che resta va a me anche se la maggior parte dei soldi va reinvestita sulla palestra, ma va bene così” Lo saluto e vado via.

Sarò una persona all’antica ma per me questi sono i veri campioni sportivi: quelli che non sono a caccia di soldi o notorietà ma che facendo enormi sacrifici, si dedicano completamente alla loro passione, cercando di migliorare in continuazione. I veri valori dello sport spesso si trovano più in queste piccole palestre in periferia dove la preparazione è più importante dei risultati. Marco non è agonisticamente parlando un campione, Antonio sicuramente non ha più l’età per esserlo ma entrambi lo sono dal punto di vista umano. Me ne vado augurando un grosso in bocca al lupo a due degli ultimi piccoli romantici eroi dello sport.

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Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo