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Calcio

Guerriglia tra ultrà sulla A16: sono criminali e non tifosi

nico catalano

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di NICO CATALANO

Per illustrare cosa rappresenta per l’umanità il gioco del calcio, qualche anno fa lo scrittore sudamericano Eduardo Galeano scrisse “se vuoi spiegare a un bambino la felicità, basta dargli un pallone e lasciarlo giocare a calcio”.

Evidentemente così non la pensano alcune centinaia di malviventi, teppisti e trogloditi che domenica scorsa sulla A16 Napoli-Canosa, in prossimità dell’area di servizio Ofanto nord tra Candela e Cerignola hanno messo in atto delle azioni di vera e propria guerriglia che hanno causato ingenti danni al patrimonio pubblico e diversi disagi per gli ignari automobilisti che percorrevano quel tratto autostradale dovuti prima dall’interruzione della circolazione e successivamente alle code e conseguenti rallentamenti. Veniamo ai fatti, durante la mattinata del 23 febbraio i sostenitori del Bari e del Lecce si sono incrociati lungo l’autostrada mentre erano al seguito delle rispettive squadre. I salentini diretti a Roma, dove alle 18 era in programma la partita dell’Olimpico, mentre i loro rivali storici baresi erano diretti a Castellammare di Stabia per la sfida contro la Cavese. Secondo le fonti leccesi ci sarebbe stato un agguato premeditato da parte degli ultrà biancorossi che avrebbero prima fermato i mezzi dei tifosi giallorossi tramite dei chiodi disseminati sull’asfalto per poi letteralmente assaltare con sassi la carovana del tifo salentino. Diversa la versione dei baresi, secondo la quale uno dei cinque pullman dei supporters biancorossi in viaggio verso la Campania si sarebbe fermato per lo scoppio di un pneumatico a causa della presenza sulla carreggiata di chiodi che sarebbero invece stati lanciati da un’auto con a bordo i tifosi giallorossi. Fermati i mezzi, gli occupanti venivano a contatto e ingaggiavano violenti tafferugli con circa 300 ultrà coinvolti nelle colluttazioni avvenute con l’ausilio di spranghe di ferro e bottiglie di vetro. Scontri che hanno visto avere la peggio i salentini, inferiori di numero, che hanno perso due dei loro furgoncini dati alle fiamme e subito gravi danni alle auto che si presentavano con tutti i parabrezza infranti. Il peggio non si è verificato solo per miracolo e uno scenario di guerra, quasi apocalittico è quello che hanno potuto constatare le donne e gli uomini delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco intervenuti prima per riportare la situazione alla normalità e successivamente per domare gli incendi dei mezzi dati alle fiamme dalla follia criminale di questa gentaglia. Comportamenti stupidi e irresponsabili sia perché avvenuti nelle stesse ore in cui il Santo Padre in visita proprio nel capoluogo pugliese, definiva Bari quale città della pace, dell’accoglienza, dell’integrazione e dell’unità nel mediterraneo ma anche per via del particolare momento che sta attraversando il nostro Paese, alle prese con la vicenda del coronavirus. Peraltro nel nuovo millennio sarebbe il caso di cominciare a definire stucchevole, anacronistica, inutile, provinciale questa rivalità tra terra di Bari e Salento, peraltro priva di ragioni storiche come invece può dirsi quella sana rivalità che da secoli esiste ad esempio tra le città toscane. Con le difficili sfide che il mondo globalizzato purtroppo impone, di tutto ha bisogno questa regione tranne che di un ritorno a quelle inspiegabili stupide guerre di campanile in stile anni ottanta del secolo scorso. Inoltre, francamente poco interessa chi dei due gruppi ha cominciato per prima o il movente che ha provocato tali comportamenti incivili e delinquenziali, di questo si occuperanno con professionalità e dedizione gli investigatori della polizia di stato e i magistrati inquirenti, auspicando che i colpevoli vengano celermente identificati, consegnati alla giustizia e puniti severamente. Quello che preme sottolineare e che questi comportamenti illegali e indecenti non devono avere nessuna attenuante o giustificazione, perché nulla hanno a che fare sia con il calcio, ovvero con quella che Pier Paolo Pasolini definiva “l’ultima sacra rappresentazione del nostro tempo” così come neanche con il tifo sano e pulito, pertanto sarebbe utile che tutti cominciassero ad isolare questi “signori” e la stampa magari a non chiamarli più tifosi ma bensì criminali, nome che si addice a chi compie tali azioni a prescindere dalla città dove risiede.

Fonte della Foto: Rai News

Agronomo, ricercatore ecologista, divulgatore e saggista