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Perché parlare ancora di Via Fani?

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di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO

Questa domanda è ricorrente in questi giorni del quarantennale della strage di Via Fani. Dopo tanti processi, dopo 2 commissioni d’inchiesta parlamentari, dopo libri e film, perché parlare ancora di Via Fani?

 

“Va bene facciamo una bella cerimonia, ricordiamo le vittime, ma poi basta con analisi e inchieste. La verità è scritta nelle sentenze e ora abbiamo altri problemi più attuali “. Ammettiamolo, molti la pensano così. In realtà Via Fani è più attuale che mai. Perché racchiude tutti i mali italiani. La sciatteria di mandare gli uomini della scorta senza auto blindata e senza giubbotti antiproiettile. La superficialità di accontentarsi della versione dei brigatisti rossi, smentita da fatti e perizie. Dovremmo essere stanchi di essere presi in giro da anni. Ustica, strage di Bologna, Italicus, senza verità piena. Decine e decine di omicidi senza colpevole. Tutto questo solo nel decennio dal 1970 al 1980. Uccidono 5 servitori dello Stato, rapiscono e uccidono il presidente della Democrazia Cristiana e dopo 40 anni più domande che risposte. Questo significa che il cittadino qualunque può scordarsi di avere piena e vera giustizia. Poi è ovvio che il signor Rossi deve attendere anni per una sentenza, o la signora Rossi viene uccisa dal compagno che passerà solo pochi anni in carcere. Non abbiamo radicata la cultura della giustizia e della verità. Investiamo, quindi, poco nella giustizia. Nella vicenda di Via Fani e dell’uccisione di Moro, abbiamo accettato la verità dei brigatisti. Come spesso succede in Italia, sono i carnefici e non le vittime a scrivere la storia. I periti dicono che in Via Fani si è sparato anche da destra? No, i brigatisti dicono di no, crediamo a loro. Le perizie dicono che Moro è stato su una spiaggia pochi giorni prima di essere ucciso? No, i brigatisti dicono di no, crediamo a loro. La perizie dicono che le condizioni fisiche di Moro indicano che non è stato chiuso per 55 giorni nel buco di via Montalcini? No, i brigatisti dicono di no, crediamo a loro. La moglie di Moro dice che forse il 15 marzo il marito prende appuntamento con qualcuno per la mattina del 16 presso in centro studi della Dc in Via della Camilluccia e che quindi il suo passaggio in Via Fani era sicuro e conosciuto già dal giorno prima? No i brigatisti hanno avuto solo fortuna. Pecorelli scrive che in Via Fani operano specialisti addestrati in scuole di guerra, scrive di Via Cernaia 14, anticipa alcune lettere di Moro, scrive di una bionda caracollante vista in Via Fani pochi istanti prima della sparatoria? No , tutte fesserie di un avventuriero. Mentre coloro che hanno trucidato Ricci, Leonardi, Rivera, Zizzi e Iozzino, diventano fonte di verità assoluta. Poi ci meravigliamo se politici pregiudicati, vogliono guidare il Paese. La verità è che non abbiamo memoria storica. Dimentichiamo tutto. Abbiamo dimenticato anche Aldo Moro. Anzi, con quel suo linguaggio elaborato, con quella sua volontà di mediare sempre, a molti risultava e risulta poco simpatico. Morto Moro è iniziata l’epoca dell’uomo forte e del governo basato su prove di forza. Niente più dialogo, niente più mediazione. Niente riforme istituzionali, nemmeno una legge elettorale decente. Ci troviamo ora, giusto dopo 40 anni, un’ Italia divisa, a pezzi, incapace di darsi un governo. Quanti politici di oggi hanno la cultura per capire gli scritti di Moro e il suo testamento politico? Moro dialogava con un Berlinguer per il bene del Paese, oggi il dialogo è diventato inciucio e il buon senso disprezzato buonismo. Dopo la morte di Moro l’Italia ha interrotto il processo di crescita democratico ed unitario. Siamo diventati ciò che Moro temeva. Allora perché parlare ancora di Via Fani? Perché ha cambiato in peggio il dna del nostro Paese. Una mutazione genetica pericolosa, ma non irreversibile. Basterebbe ascoltare nuovamente Moro “Un partito che non si rinnovi con le cose che cambiano, che non sappia collocare ed amalgamare nella sua esperienza il nuovo che si annuncia, il compito ogni giorno diverso, viene prima o poi travolto dagli avvenimenti,  viene tagliato fuori dal ritmo veloce delle cose che non ha saputo capire ed alle quali non ha saputo corrispondere “.

Credit foto Rai Teche

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo