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Che fine ha fatto il sesso?

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di LAURA FANO

In questo mese di maggio è tornato nelle sale cinematografiche, nella versione in lingua originale restaurata Ultimo tango a Parigi: il film più controverso, scandaloso e destabilizzante della storia del cinema italiano.

Tutto ebbe inizio da una fantasia erotica di Bernardo Bertolucci, che sognò di fare l’amore con una donna sconosciuta incontrata per strada.

Alla prima di New York, nel 1972, la pellicola fu un clamoroso successo. Pauline Kael, del New Yorker, scrisse: “Questo che è il più potente film erotico mai fatto, può rivelarsi il film più liberatorio mai realizzato”.

Insieme al clamore arrivò, però, in Italia la immediata censura e la condanna al rogo, motivata con la presenza di troppe scene di sesso, tra cui naturalmente la cruda sequenza della sodomizzazione di Jeanne,  interpretata da Marlon Brando e dall’esordiente e non consenziente giovanissima Maria Schneider.

Il 29 gennaio 1976, infatti, un giudice ordinò la distruzione delle copie del capolavoro del regista, ultimo capitolo di un’odissea giudiziaria che decretava la scomparsa del film dalle sale per “esasperato pansessualismo fine a se stesso”.

La completa assoluzione che permetterà di distribuire nelle sale cinematografiche il film, di cui fortunatamente si erano salvate alcune copie, arriverà nel 1987, complice una maggior distensione di giudizio e una visione più laica, o semplicemente un contesto storico meno bacchettone che vide migliaia di giovani studenti precipitarsi curiosi e di nascosto nelle sale.

Oggi quel film che aveva segnato un’epoca, era uscito dallo schermo per sconvolgere l’opinione pubblica ed entrare nella società e che, in fondo altro non raccontava nella sua drammaticità se non dell’amore e della solitudine, come poi anni dopo farà il film 9 settimane e mezzo, ritorna al cinema in un’epoca in cui la tanto incriminata e tragica scena del burro, rapportata a quel che circola in rete o in tv, non fa più né caldo né freddo e nella quale si parla tanto di sesso pur praticandolo sempre meno.

Un segno dei tempi indubbiamente.

Pare, infatti, che negli ultimi quindici anni la frequenza dei rapporti sessuali in Italia sia diminuita del 10%, specie per quella fascia di età tra i 35-40 anni dove solo tre coppie su dieci continuano ad avere più di un rapporto alla settimana. L’istinto di riproduzione sembra un tantino affaticato: ogni anno nascono dodicimila bambini in meno e diminuiscono pure le vendite dei contraccettivi, mentre aumentano quelle degli strumenti per il “fai da te” ( i vibratori per intenderci) e gli escamotage per ottenere la nostra concentrazione (gonne inguinali, scollature procaci, labbra a canotto e tette gonfiate dai push up).

Il calo ha colpito tutte le fasce d’età, anche i più giovani, a quanto pare: un quinto dei 16-25enni dichiara di farlo meno di una volta a settimana, e questo anche per colpa del fitto sottobosco di “pratiche” di sesso virtuale privo d’implicazioni, effetto anche del mondo del dating online: il benching, lo stashing, il micro cheating.  Si scambiano messaggini e cuoricini, ci si mette insieme senza baciarsi e ci si vergogna di denudarsi davanti al compagno o alla compagna perché la fisicità fa paura.

Qualche lettore  un po’ più attempatolo ricorderà: negli anni ’60 e ’70 si doveva lavorare di fantasia sul catalogo di Vestro o su quello di Postal Market, piuttosto che al cinema.

Viceversa, in questa società sessuata, gli italiani sembrano disamorati persino del sesso solitario e fine a se stesso (specialità tipicamente maschile) pure quello in netto calo, visto che persino la pornografia, accessibile ormai ovunque e da chiunque, è diventata tediosamente prevedibile; altro che scena col burro! E poi crea un’ antipatica dipendenza, satura l’immaginario e rende difficile sviluppare fantasie proprie e varie sfumature di rosso, di grigio e di nero col malcapitato partner.


In Giappone, addirittura, nel 2016 l’ufficio demografico centrale ha rilevato che il 42 per cento dei maschi tra i 18 e i 34 anni non ha mai fatto sesso.

A leggere questi penosi dati, sembra davvero che l’intimità sia morta e che l’eros, più che una gioia, sia spesso un problema. A sentire in giro il sesso sembra un ottimo argomento di conversazione, ma forse come attività segna un drammatico crepuscolo, non rientrando più tra le opzioni prioritarie per la ricerca del piacere che è sempre più virtuale che reale.

Sarà che corriamo da mattina a sera, che siamo tutti distratti, che siamo sempre connessi ai social network, che siamo tutti un po’ troppo narcisisti e problematici e troppo presi dalla routine. Sarà…

Siamo all’anno zero, insomma. In cui piace “piacere” prima di tutto. Senza “darsi” in cambio perché, non dimentichiamolo, il sesso può scatenare forti emozioni, sentimenti, complicazioni e casini, perciò molti preferiscono elegantemente astenersi. E a soffrirne sono soprattutto le donne.


Eppure il sesso, come riconoscimento reciproco, può e deve succedere. Rivedere Ultimo tango a Parigi, guardando oltre le polemiche che ancora infuriano, può servire certamente alle nuove generazioni per interrogarsi, non solo sul sesso, ma anche sull’importanza che il cinema ha rivestito nella cultura italiana, e forse aiuterà anche gli spettatori meno giovani a mettere in prospettiva il cinema di oggi, che sembra aver quasi completamente dimenticato il ruolo dell’erotismo sul grande schermo.

E chissà che a qualcuno non torni la voglia!

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo