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Risarcimento all’italiana

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di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO

L’Italia ha sempre avuto un rapporto “conflittuale“ con le direttive europee. Spesso vengono recepite con ritardo nel nostro ordinamento o non vengono proprio recepite. L’Italia è spesso oggetto di procedure d’infrazione. La lista è lunga, la mancanza di una efficace legge contro la tortura, la mancanza di leggi che regolano pienamente le unioni civili, ecc. Avviene anche che le direttive europee vengano recepite in maniera parziale, per non dire “fantasiosa”. Citiamo ad esempio la normativa 122/2016 che recepisce diverse direttive europee. Tra esse quella che ci obbliga ad istituire un fondo per risarcire le vittime di reati dolosi con violenza alla persona. Come da dettato normativo  la vittima o i suoi familiari ottengono dal tribunale un risarcimento che deve essere pagato dal colpevole condannato. Purtroppo spesso il risarcimento rimane sulla carta perché il colpevole si dichiara nullatenente. Ci sono pure casi in cui il colpevole non viene individuato. La Comunità Europea ha quindi stabilito che in questi casi deve essere lo Stato a risarcire le vittime. Una norma giustissima. Che per molto tempo, però, l’ Italia non ha voluto recepire. Sono scattate procedure d’infrazione. Nel 2016, finalmente, il governo italiano decide di varare una normativa per recepire la direttiva sul fondo vittime. Tutto bene quindi?. No. Perché la normativa 122/2016 stabilisce dei discutibili criteri per ottenere il risarcimento . La vittima deve avere un reddito non superiore a quello previsto per l’ammissione al patrocinio a spese dello stato, cioè 11.500 euro. Questo esclude a priori la maggioranza delle persone. Se domani  un operaio ( quindi non un riccone ) con moglie e figli viene ucciso e il suo assassino è nullatenente la sua famiglia non avrà nulla. Inoltre solo per omicidio e violenza sessuale vengono rimborsate tutte le spese, negli altri casi solo le spese mediche ed assistenziali. Le spese legali e di consulenza rimangono a carico della vittima. Quindi se una donna viene brutalmente picchiata  e sostiene spese legali per 10.000 euro non viene risarcita. Inoltre vengono dati solo 60 giorni per presentare la domanda. Troppo pochi oggettivamente.  Queste erano le criticità delle legge 122/2016, poi eliminate con una nuova legge nel 2017. Ma in un paese civile una legge come la 122/2016, non doveva nemmeno essere scritta. Certamente i fondi sono pochi, ma non si possono creare ingiustizie in nome di un discutibile risparmio. Parliamo di vittime di gravi delitti, che non meritano di essere beffate. Anche perché non è la prima volta. La normativa per il risarcimento dell’ingiustizia detenzione è lenta e spesso i risarcimenti sono molto bassi. C’ è poi la legge 203 del 14/11/2012 contenente disposizioni per la ricerca di persone scomparse. Certo la legge introduce utili innovazioni ma non prevede la creazione di un fondo per finanziare la ricerca delle persone scomparse. Eppure servono soldi per formare i cani per la ricerca delle persone scomparse, per addestrare i volontari, per creare nuclei di polizia giudiziaria specializzati nella ricerca delle persone scomparse, per creare un sistema di Amber Alert. Quando parliamo di vittime, di persone indifese o malate, l’aiuto dello stato non può limitarsi da una legge, deve essere concreto. Risparmiare su persone segnate da tragedie è triste, squallido.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo