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Davide Cervia, uno spiraglio di verità

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di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO

Finalmente uno spiraglio di verità per la famiglia di Davide Cervia.

 

Il Ministro della Difesa Trenta, ha preso l’impegno di promuovere l’istituzione di una Commissione Parlamentare d’inchiesta per fare luce sul rapimento di Davide Cervia. Una buona notizia. Ricordiamo su cosa dovrebbe indagare la Commissione.. Il 12/09/1990 Davide Cervia è appena ritornato a casa, a Velletri, dalla Enertecnel dove lavora. Ad attenderlo tre uomini che, con la violenza, lo caricano su una vettura verde scuro. Un quarto uomo prende l’auto di Cervia. Si allontanano. Con l’auto di Cervia davanti e l’auto verde a seguire. Alla scena assistono due testimoni. L’auto di Cervia viene ritrovata tempo dopo a Roma, in Via Marsala 108 . Inizia così l’incubo della moglie e dei due figli di Davide Cervia. Le indagini sono superficiali. Viene portata avanti l’improbabile ipotesi di allontanamento volontario. Eppure le testimonianze sono chiare. Perché rapire Davide Cervia? Aveva una vita normale. La risposta è nel suo passato. Dal 1979 al 1982, presta servizio nella Marina Militare, come sottufficiale. Imbarcato su nave Maestrale. Davide Cervia aveva l’incarico di garantire il funzionamento di guerra elettronica. Incarico molto delicato. Competenze molto ricercate. Per queste competenze viene rapito? Le autorità italiane dicono di no. Anzi negano, inizialmente, che Cervia avesse competenze di guerra elettronica. Solo la tenacia della famiglia porta alla luce le reali mansioni in Marina. Si scopre anche che nei mesi precedenti alla scomparsa, Davide Cervia si sente spiato e minacciato. Negli anni successivi alla scomparsa, anche i suoi famigliari sono oggetto di intimidazioni, anche recentemente. Le indagini non portano a nulla. L’unico elemento accertato è che il nominativo di un Signor Cervia, risulta nel gennaio 1991 sul volo “Air France “ Parigi/Cairo con rotta Jeddah-Aden-Sana’a. Con biglietti pagati dal Ministero affari esteri francese. Nel 2000 l’indagine sul rapimento di Davide Cervia viene archiviata. Però la famiglia Cervia ha trovato una parziale vittoria. Il 23 gennaio scorso, Tribunale Civile di Roma ha condannato il  Ministero della Difesa per aver violato il diritto alla verità della moglie e dei figli di Davide Cervia. Una sentenza importantissima, primo perché ribadisce che la verità è un diritto tutelato dalla legge, secondo perché conferma che la scomparsa di Davide Cervia è legata alle sue competenze militari. Altro che scomparsa volontaria. In particolare il giudice scrive “ le condotte  del Ministero della Difesa, provenienti in particolare da articolazioni della Marina Militare, si appalesano lesive del diritto alla tempestiva, esatta e completa  informazione di Davide Cervia, con riguardo al periodo in cui era arruolato nella Marina Militare Italiana, ai fini della ricerca delle ragioni della sua scomparsa”. Lo Stato ha negato la verità alla famiglia Cervia, lo dice un giudice. In qualsiasi paese sarebbero piovute proteste, la politica sarebbe intervenuta, la magistratura penale avrebbe riaperto le indagini, libri ed inchieste giornalistiche avrebbero cercato la verità. Invece nulla. Tranne poche eccezioni, il silenzio. Un buco nero continua, da 28 anni, a risucchiare Davide Cervia e la sua famiglia. Eppure dovremmo essere stanchi dei tanti, troppi misteri italiani senza verità. Stanchi del muro di gomma che impedisce di fare giustizia. Tra poco verranno ricordate le vittime di Via Fani, si parlerà del mistero del rapimento di Aldo Moro. Anche loro vittime della verità negata da parte di pezzi dello Stato. Il 16 marzo sia occasione per parlare anche di Davide Cervia e di tutte le vittime a cui la verità è negata. Lasciare soli la moglie, i figli di Davide, è una macchia che pesa sulla coscienza di ciascuno di noi. Perché un giorno può capitare a ciascuno di noi di diventare vittime di una verità negata. Non diamo solo generica solidarietà ai famigliari di Davide, è tempo di atti concreti. Come quello promesso dal Ministro Trenta. Potremmo chiederci perché dovremmo batterci per una persona che non conosciamo, ricordiamoci, come risposta, le parole di John Donne. “La morte di qualsiasi uomo mi diminuisce, perché io sono morte parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te”.

Foto tratta dal sito www.ilcaffe.tv

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo