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L’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, vittime senza giustizia del terrorismo neofascista

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di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO

La recente estradizione di Cesare Battisti, ha riaperto il dibattito sugli anni di piombo.

 

Un dibattito che rischia di essere strumentale, parlando solo delle vittime del terrorismo rosso. Noi intendiamo raccontare la storia di tutte le vittime, la storia degli anni di piombo. Sono stati definiti “anni di piombo “. Eppure gli anni 70 sono stati molto di più. Sono stati anni di vivacità intellettuale, di impegno civile, di rinnovamento. Ambientalismo, diritti delle donne, diritti civili, riforma della scuola e della sanità, riforma del diritto di famiglia, divorzio, aborto. Sono alcuni dei temi trattati negli anni 70. Una rivoluzione culturale e civile purtroppo affogata nel sangue. La Storia è fatta da tante “piccole“ e anonime storie. Quindi per raccontare la Storia degli anni 70 raccontiamo la storia di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci. Due giovani milanesi che rappresentano gli ideali e il dramma degli anni 70. Fausto e Lorenzo sono due amici molto legati tra loro. Uniti anche nell’attività politica come attivisti del Centro sociale Leoncavallo. Politica certo ma anche tanta voglia di libertà e di vivere. Voglia di cambiare in meglio il mondo. Fausto e Lorenzo si occupano dei problemi dei loro coetanei, ed uno dei problemi più seri era lo spaccio di sostanze stupefacenti.  Fausto e Lorenzo, insieme ad altri attivisti del Leoncavallo, conducono una inchiesta sullo spaccio nella zona Casoretto, Lambrate e Città Studi. Inchiesta accurata, con foto, nomi e indirizzi. Inchiesta che sottolinea il legame tra malavita e estremisti di destra. Inchiesta rischiosa. Lorenzo e Fausto non si fanno vincere dalla paura, continuano a vivere, a divertirsi. Così fanno anche sabato 18 marzo 1978. Due giorni prima era stato rapito Aldo Moro. L’Italia piomba nel terrore. Ma la vita continua e continua anche per i due giovani milanesi. Fausto passa il pomeriggio al Parco Lambro, Lorenzo invece con la fidanzata. Si ritrovano verso le 19 e 30 presso il locale Crota Piemunteisa, luogo di ritrovo degli attivisti del Leoncavallo.  Si incontrano  per poi recarsi in Via Montenevoso 9 a casa di Fausto, dove come ogni sabato la madre prepara il risotto. Alla Crota Piemunteisa si ritrovano sempre le stesse persone, sempre le stesse facce, ma non quella sera. I testimoni dichiarano di aver notato tre giovani mai visti prima. Fausto e Lorenzo escono, prendono Via Lambrate in direzione Piazza S. Materno per poi risalire lungo via Casoretto. I due arrivano all’edicola posta vicino all’angolo tra Via Casoretto e Via Mancinelli. Si fermano a commentare i giornali sul rapimento Moro. Poi qualcosa o qualcuno li attira in Via Mancinelli davanti al cancello della Anderson School. Una testimone vede Lorenzo e Fausto parlare con un gruppo di tre persone, una discussione animata. Poi sente dei colpi, Lorenzo e Fausto cadono a terra, i tre scappano. Gli assassini sparano 8 colpi e viene usato un sacchetto per raccogliere i bossoli, Un lavoro da professionisti. Il 23 marzo il delitto viene rivendicato a Roma dai Nar.  Le indagini inizialmente non portano a nulla. Molto più efficace l’inchiesta condotta dal giornalista dell’Unità Mauro Brutto. Brutto arriva a delineare i collegamenti tra malavita e estremismo di destra. Purtroppo Brutto non riesce a terminare la sua inchiesta, muore il 25 novembre investito da una macchina. L’inchiesta giudiziaria negli anni individua come movente l’inchiesta sullo spaccio condotta da Lorenzo e Fausto, individua alcuni membri romani dei Nar che vengono sospettati del duplice omicidio. Purtroppo non si trovano prove e tutto viene archiviato. Può bastare come movente l’inchiesta condotta dai due ragazzi?. Forse no, anche perché dopo la loro morte l’inchiesta viene pubblicata. Quindi uccidere Lorenzo e Fausto non aveva fermato l’inchiesta. La cosa si complica nell’ottobre del 1978, quando i carabinieri scoprono a Milano un covo delle Brigate Rosse. Il covo si trova in Via Montenevoso 8, proprio di fronte alla finestra della camera di Fausto. Da questo particolare parte l’ipotesi che il duplice omicidio di Fausto e Lorenzo possa essere collegato al covo di Via Montenevoso. La madre di Fausto dichiara che nelle settimane precedenti il figlio era stato oggetto di sorveglianza da parte di ignoti. Dichiara anche di aver notato, agli inizi del 1978, strani movimenti nel palazzo. Strani movimenti che hanno portato la donna ad ipotizzare l’installazione di un posto di osservazione per tenere sotto controllo il covo delle Br. I carabinieri dichiarano però di aver messo sotto sorveglianza il covo di Via Montenevoso 8 solo nell’estate. Possibile che le Br fossero sotto sorveglianza di apparati dello stato già prima del rapimento Moro? Possibile, una risposta potrebbe darla la Commissione d’inchiesta parlamentare sul rapimento Moro. Certamente l’omicidio di Fausto e Lorenzo è una operazione di tipo militare, programmata nei particolari. Tentare una simile operazione, con le città militarizzate dalle forze dell’ordine, era un grosso rischio. Questo porta a pensare che l’eliminazione dei due ragazzi era prioritaria. Il movente potrebbe essere lo spaccio di droga ma non si può sottovalutare eventuali collegamenti con la presenza del covo delle Brigate Rosse. Non ci sarà modo di sapere come sarebbero andate le cose se la violenza non avesse stroncato la rivoluzione degli anni 70. Possiamo, anzi dobbiamo, sapere perché Fausto e Lorenzo sono stati privati della loro musica, dei loro sogni, della loro gioventù. Della vita.

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo