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Esiste una giusta condanna per l’omicidio?

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di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO

In questi giorni,è molto acceso il dibattito scaturito dalla sentenza di secondo grado per l’omicidio di Marco Vannini.

 

Dibattito che porta ad una domanda. Esiste una giusta condanna per un omicidio? Difficile rispondere senza valutare alcuni aspetti. Per prima cosa, che funzione deve avere la pena. Certo isolare dalla società il reo e punirlo. In un paese civile, però, la pena ha anche lo scopo di inserire nuovamente nel contesto sociale, il detenuto tornato libero cittadino. Perché viene punito il delitto non la persona che lo commette. Quella è vendetta, e non servirebbero nemmeno i tribunali. Hai ucciso, muori in carcere. Semplice, ma non è giustizia. Il giudice deve valutare non solo la vita persa della vittima, ma anche se è possibile dare un nuovo corso alla vita del reo. Perché, altro aspetto importante, non tutti gli omicidi sono uguali. Certo una vita viene tolta, ma il movente e le modalità usate per uccidere, devono essere valutate dal giudice. Per determinare la pericolosità sociale dell’imputato e le possibilità di poterlo reinserire nella comunità. Un concetto difficile da accettare per la persona comune. Che ragiona per emozioni. Vedere un giovane ucciso, una madre disperata, porta a gridare letteralmente vendetta. Comprensibile. Per questo motivo, la giustizia viene amministrata da giudici professionisti, vincolati alla legge. La giustizia, in Italia, viene amministrata nel nome del popolo italiano, rispettando il principio che l’imputato deve essere giudicato da suoi pari. Oggi parole come garantismo, vengono usate come insulto. Dimentichiamo che l’attuale civiltà giuridica nasce dalle prigioni dove le persone venivano torturate da innocenti per estorcere una confessione, dai patiboli dove tanti sono stati giustiziati senza prove. Ricordiamo la vicenda di Sacco e Vanzetti, vittime non solo della pena di morte, ma di un sistema giudiziario strutturato sull’occhio per occhio dente per dente. In più, in un paese cattolico come l’Italia, non possiamo dimenticare il nessuno tocchi Caino, base della cultura giuridica cattolica e cristiana. Quindi esiste una  condanna per un omicidio percepita come giusta? Decisamente no, per i parenti della vittima qualsiasi pena non diminuisce il dolore, l’opinione pubblica griderà sempre vendetta. Perché nessuna condanna restituisce una vita, perché il condannato tornerà prima o poi alla libertà e potrà rifarsi una vita. Non esistono sentenze che possono riparare il vuoto di una vita stroncata. Ogni sentenza è alla fine un compromesso tra la necessità di punire e di reinserimento sociale. Quindi non dobbiamo chiederci se una sentenza è giusta. Dobbiamo chiederci quale visione della giustizia abbiamo, e come vorremmo essere giudicati noi. Si, mentre è facile vestire i panni delle vittime, mentre è facile provare empatia per le vittime, è difficile quasi impossibile, mettersi nei panni dei carnefici, Eppure solo in questo modo, possiamo capire il concetto di giustizia nella sua interezza. Ammesso che sia la giustizia quella che cerchiamo.

Credit foto www.risvegliodiunadea.altervista.org

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo