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di MICHELANGELA BARBA

Martedì 19 marzo, all’indomani della giornata mondiale per il clima che ha visto un’imponente mobilitazione mediatica internazionale, presso la sede italiana Parlamento Europeo si è svolto un altro importante momento di riflessione: si parla della tratta dimenticata ovvero quella intraeuropea.


I dati del CNCA circa la mappatura della prostituzione in strada del 2017 parlano chiaro: su 2665 donne presenti in strada in una sola notte usata presa a campione, 1311 sono cittadine europee di cui almeno 763 romene e 54 bulgare accertate (manca la rilevazione della nazionalità di 294 donne su 1311, il 22,5% del campione) .

Ma quando si osservano invece i percorsi di accoglienza e fuoriuscita, ecco che le vittime comunitarie scompaiono.

“Questi numeri portano ad una semplice considerazione (che meriterebbe un

approfondimento a parte) ovvero, che a fronte di un sostanziale equilibrio tra i numeri in

strada dei due target (africano e est europeo) solo il primo, in questo periodo, accede ai

programmi di emersione e assistenza alle vittime di tratta. Infatti, per quanto riguarda le

vittime da sfruttamento sessuale in carico al sistema italiano, oltre l’85% sono di nazionalità

nigeriana.” afferma la ricerca del CNCA.

Spesso la spiegazione che viene data a fronte di questo “crollo delle presenze” è attribuita –ahinoi, non di rado anche dagli operatori- ad uno scarso interesse delle vittime alla fuoriuscita, vittime definite “ostiche”, “difficili”, “non collaboranti”, “colluse”.

Spiegazione che non tiene conto che queste vittime sono trafficate con tecniche di manipolazione psicologica, prima fra tutte la tecnica del lover boy, detta anche della romantic ouverture.

La condizione di manipolazione psicologica, a volte persino pari al brain washing esercitato dalle sette religiose, rende vano e se non dannoso l’intervento di “bassa soglia” tradizionalmente proposto, basato sull’attesa della esplicita richiesta di aiuto che deve apertamente partire dalla vittima, sull’analisi della storia di vita (che una vittima pesantemente manipolata riuscirà a ricordare e ricostruire per intero soltanto anni dopo la fuoriuscita) oltre a fare saltare i normali canoni di valutazione dello stato di sfruttamento, ad esempio per quanto concerne la apparente libertà di movimento e comunicazione delle vittime o le foto romantiche con lo stesso sfruttatore postate in ogni dove sui social.

Di più: l’intervento di bassa soglia, che per sua natura si adegua al livello di motivazione manifestato dall’utente, finisce per confermare e rinforzare la voce dello sfruttatore invece che quello della vittima, invece di aiutarla a riscoprire la propria, creando uno spazio di dubbio rispetto all’attuale condizione.

Addossare la causa della mancata fuoriuscita alla presunta volontà della vittima è però la spiegazione ottimale per sgravare l’intera piattaforma antitratta dall’approfondimento suggerito dallo stesso CNCA oltre che dalla Raccomandazione del Parlamento europeo del maggio 2016 che, lo ribadiamo, al punto 61 parla esplicitamente del fenomeno del lover boy, delle buone prassi da studiare e diffondere, degli interventi da prevedere.

Ebano ha proposto questo approfondimento e l’esperienza maturata in questo settore di intervento alle Istituzioni Europee trovando finalmente ascolto, disponibilità e consapevolezza.

Non così con molte istituzioni locali, quali ad esempio il Comune di Milano, che rifiutano categoricamente di aprire il confronto alle realtà che portano metodi di intervento e si occupano della parte misconosciuta delle vittime.

Infatti, pur di fronte all’offerta di servizi qualificati, senza oneri per l’Amministrazione e integrativi a quelli già proposti, la posizione dell’Ente è stata di assoluta rigidità, negando addirittura l’apertura del Tavolo di lavoro a una realtà come Ebano che di fatto già opera da anni sul territorio.

Il Comune afferma che l’attuale composizione del Tavolo già vede “un ricco scambio” tra le sei realtà presenti, iscritte e non iscritte all’albo di cui all’articolo 18 L. Imm. , ignorando che il ricco scambio però non si sostanzia da oltre un decennio nella realizzazione di percorsi di fuoriuscita delle vittime dell’Europa dell’Est.

Dato piuttosto imbarazzante per un organismo il cui finanziamento va sotto la voce “Azioni di emersione” dello sfruttamento e alla luce di quanto detto dalla citata Raccomandazione.

Quindi mentre le istituzioni ostinatamente ignorano le vittime comunitarie e concentrano tutte le proprie risorse – economiche e operative – su quelle extracomunitarie e trafficate con metodi tradizionali, il privato sociale ogni giorno si fa carico di tutta questa parte, assumendone i proprio rischi e oneri, senza neanche la possibilità di un confronto per favorire la circolarità delle informazioni.

Fortunatamente, al di sopra di certe realtà locali, attaccate alle proprie stantie consuetudini, possiamo osservare l’atteggiamento collaborativo e costruttivo delle Istituzioni Europee come è avvenuto il 19 marzo scorso o il 15 marzo, a Roma, con l’intenso Convegno sulla prostituzione indetto alla Camera dalla Senatrice Maiorino e dalla deputata Dadone., dove senza mezzi termini è emersa anche la problematica del lover boy.

Luci e ombre di un cammino impervio, quello del riconoscimento delle vittime comunitarie circuite dalle catene invisibili catene di un legame malato, che vede sempre più persone sensibili, informate e coinvolte.

E, come direbbe la piccola Greta, impegnata nella lotta alle emissioni, fino a quando le cose non saranno cambiate non ci fermeremo. Noi di Ebano di sicuro.

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Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo