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La solitudine del pensatore

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di MARIAPIA METALLO

 

Narra Platone, nel “Teeteto”, che un giorno Talete mentre passeggiava, intento a scrutare le stelle e tutto preso nei suoi pensieri, cadde in un pozzo.

 


Una servetta tracia lo prese in giro dicendogli che egli si preoccupava di conoscere le cose del cielo e non si accorgeva di ciò che gli stava davanti ai piedi.
L’episodio esposto in questo aneddoto è molto famoso e si presta a svariate considerazioni, tanto che infatti è stato ampiamente interpreta…to sotto molti interessanti profili. Di solito disquisendo sul significato del riso della servetta tracia, oppure della caduta del sapiente o del suo guardare al cielo. Ma c’è anche un altro elemento che non sempre è evidenziato a sufficienza, e che invece contribuisce molto, seppure forse in modo in parte inavvertito, al senso del racconto. Mi riferisco all’essere Talete del tutto preso, prima di cadere nel pozzo, in una situazione di totale isolamento. Al fatto che Talete è, preso nei suoi pensieri, del tutto solo. Ed è questo essere immerso, solo, nei suoi pensieri che lo distrae dal mondo esterno in cui sta il pozzo che non vede. Talete dunque, colui che per consolidata tradizione è considerato il primo filosofo e che dunque è anche la prima rappresentazione di quel particolare “tipo antropologico” che il filosofo anche è, è tratteggiato anche come assorto, e chiuso in una sua solitudine. Inevitabile solitudine peraltro. Perché diventando anche solo un po’filosofi, si diventa assorti, si viene presi a elaborare visioni tra sé e sé. E così ci si addentra in mondi nuovi. Inconsueti e atopici rispetto a quello consueto e comune. E questi mondi in più presentano pure pretesa di verità. Da un lato quindi impongono la propria forma e reclamano un’attenzione e un riconoscimento della loro verità che non può lasciarti come se non si fossero mai incontrati. Ci si ritrova quindi trasformati. E dall’altro lato ci si ritrova così inoltrati avanti lungo sentieri in cui a un certo punto ci si scopre isolati e soli. Perché solo chi avesse fatto lo stesso cammino avrebbe potuto trasformarsi insieme. Ma nessuno invece può avere e ha la stessa strada.

Il pensare per davvero produce cioè trasformazione che allontana chi non si trasforma assieme. E anche perciò la solitudine del filosofo a volte isola troppo e può perciò essere difficile da sopportare.


 

 

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo