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Quand’erano gli italiani a emigrare

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di MARIAPIA METALLO

 

Eugénio Populin alla fine dell’Ottocento il New York Times scriveva: “Abbiamo all’incirca in questa città trentamila italiani, quasi tutti provenienti dalle vecchie province napoletane, dove, fino a poco tempo fa, il brigantaggio era l’industria nazionale.

 

Non è strano che questi briganti portino con se un attaccamento per le loro attività originarie”.


Ad essere bersagliati, soprattutto gli italiani di origine meridionale, catalogati come “razza mediterranea” a fronte di quel…la “celtica” degli italiani provenienti dal Nord. I siciliani vennero censiti come “not white”, “non bianchi”. Gli appellativi precisi, che li identificavano, erano “dago” e “wop”, riservati peraltro in senso dispregiativo a persone dalla pelle scura di origine portoghese, spagnola e messicana.


L’intolleranza crescente verso i flussi migratori, non solo italiani portò la politica americana a varare, dopo la diminuzione del bisogno di manodopera, alcuni provvedimenti che ponessero un argine all’immigrazione. Il cosiddetto “Quota Act”, si proponeva di mettere un freno al numero di migranti ammesso annualmente.


Similarmente agli Stati Uniti, il colore della pelle aveva un peso significativo anche in Australia, dove sempre i siciliani venivano considerati “semi-coloured”. La forte discriminazione, portò il primo governo in carica, collegato a quello inglese, a formare una società di etnia anglo-celtica operando un programma politico definito della “White Australia”.


Diverso, ma non meno carico di pregiudizio, l’epiteto che gli emigranti nostrani si erano guadagnati in Brasile, dove il flusso migratorio provocò notevoli conflitti con i locali: considerati commercianti disonesti, venivano definiti “carcamano” dal gesto di calcare la mano alterando il peso misurato dalla bilancia.
La maggior parte di loro, era alla ricerca di un lavoro qualsiasi, anche con paghe da fame. In pochissimi riuscivano a mettere su un’attività commerciale, che tuttavia diveniva bersaglio della follia xenofoba, che distruggeva i negozi di immigrati italiani. La miseria e la rabbia, condusse molti di loro, soprattutto negli Stati Uniti, a entrare nella cerchia della malavita locale, seminando però il pregiudizio su tutta la comunità. Contro i nostri connazionali, si scagliò l’opinione pubblica, che li considerava tutti sovversivi, anarchici, camorristi, mafiosi, assassini.

 

 

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo