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Guglielmo Lippi Francesconi, lo psichiatria gentile fucilato dai nazisti

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di VINCENZA D’ONGHIA

Sono passati 75 anni da quel Settembre del 1944, quando l’incantevole estate della Lucchesia veniva ferita dal sangue e dal dolore che le divise naziste lasciavano al loro passaggio.

 

La notte tra il 1 e il 2 Settembre le truppe del comando Piazza Apuano irruppero nella Certosa di Farneta, catturando 7 civili e 10 monaci, accusati di aver fornito asilo a profughi, ebrei, partigiani e ricercati dai Nazi-Fascisti. Nei giorni successivi, i prigionieri, trasferiti al carcere di Massa, vennero prelevati in piccoli gruppi e fucilati in luoghi diversi. Tra le personalità di spicco trucidate nel corso di quella carneficina vi era uno psichiatra lucchese 46enne, Guglielmo Lippi Francesconi, direttore del Manicomio di Maggiano, imprigionato insieme ai suoi due figli maggiori, Pierluigi di 18 anni e Franco di 15, per essersi rifiutato di collaborare prima con i Fascisti e, in seguito, con i Nazisti.

Guglielmo Lippi Francesconi era nato il 18 Luglio 1898 a Lucca da un medico appena laureato, morto di febbre tifoide contratta curando un paziente, prima di poter vedere suo figlio venire alla luce, a soli 25 anni. Guglielmo Lippi padre era un giovane immerso nel mondo culturale lucchese, amico, tra gli altri, di Giovanni Pascoli, Giacomo Puccini e Alfredo Caselli, colto proprietario del Caffè Di Simo in via Fillungo, luogo d’incontro per intellettuali ed artisti. La sua prematura scomparsa scatenò una grande tenerezza tra gli amici nei confronti del piccolo Memmo, come veniva familiarmente chiamato, tanto che Pascoli gli dedicò una lirica e Puccini la briosa ninna-nanna E l’uccellino, su versi di Renato Fucini, inserita in un album in memoria del giovane medico scomparso, pubblicato su iniziativa di Caselli.

Il giovane Guglielmo prese parte alla Prima Guerra Mondiale nel corpo dei Granatieri di Sardegna con il grado di tenente e scontò 18 mesi di prigionia nel campo di Hannover. Tornato in patria, si iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Pisa dove si laureò a pieni voti nel 1926.  Intanto nel 1924 aveva sposato Maria Teresa Ferrari, una bella ragazza di Parma conosciuta sulle spiagge della Versilia, che gli avrebbe dato tre figli, e nel 1925, aveva partecipato, vincendo, al primo concorso per il manifesto del  Carnevale di Viareggio, dimostrando uno spiccato talento artistico maturato nel colto ambiente in cui aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza. Tra i giurati vi era anche un amico di Puccini, Galileo Chini, che aveva curato la scenografia di Gianni Schicchi e avrebbe di lì a poco firmato quella per la prima assoluta di Turandot nel 1926. La carriera medica avanza: Guglielmo diviene prima assistente del Prof. Giovan Battista Pellizzi nella Clinica Neuropsichiatrica di Pisa, poi vicedirettore della Casa di Cura per Malattie Nervose e Mentali di Nozzano, dove instaurerà un rapporto di profonda stima ed amicizia con il pittore Lorenzo Viani, asmatico e vittima di una grave depressione, per infine approdare alla direzione dell’Ospedale Psichiatrico lucchese di Maggiano nel 1936. Sarà tra queste mura che Lippi Francesconi potrà esprimere la sua profonda umanità e la lungimiranza necessaria per modificare consuetudini radicate da secoli. Quasi una sorta di precursore della rivoluzione di Franco Basaglia e contrario a ogni mezzo di contenzione meccanica, lavorò senza risparmiarsi per ridare dignità ai ricoverati, credendo fermamente nella possibilità di terapia e riabilitazione dei malati di mente che diventavano persone e non alienati da rinchiudere fino al termine dei loro giorni. Nel 1941 fu affiancato dal giovane medico Mario Tobino che, memore degli insegnamenti del maestro, lascerà un segno nella Psichiatria e cultura italiana del ‘900.

Dirigere un manicomio durante il Fascismo rappresentava un serio problema di coscienza per uno psichiatra animato dai principi che guidavano Lippi-Francesconi. Il regime, infatti, si serviva dell’internamento coatto in manicomio per eliminare personaggi “scomodi” o che rifiutavano di conformarsi ai modelli fascisti con il risultato che tra il 1930 e il 1945 assistiamo ad un enorme numero di decessi tra i pazienti per cause misteriose spesso etichettate in cartella con il generico termine di “marasma”. Il caso più eclatante fu quello di Ida Dalser, che sosteneva di aver sposato Benito Mussolini, e del loro figlio Benito Albino, internati in seguito a perizie costruite ad hoc e morti tragicamente rispettivamente nel 1935 e nel 1942, la madre nel manicomio di San Clemente di Venezia, e il ragazzo nell’inferno di Mombello a Milano. Pur avendo inizialmente aderito al Fascismo, Lippi Francesconi si rifiutò coraggiosamente di cedere alle pressioni della federazione fascista locale, i cui gerarchi chiedevano di falsificare perizie psichiatriche che avrebbero condannato all’internamento coatto e a morte decine di persone, attirandosi l’ostilità di possibili delatori infiltrati nel personale dell’ ospedale tra cui un infermiere fanatico fascista e dirigente del Fascio di Nozzano. Il mandato di cattura che determinò la fuga verso Farneta scattò per l’ultimo fiero atto di coraggio: il rifiuto di fornire alle SS la lista dei pazienti di origine ebraica. Dopo giorni di torture e sevizie, il 10 Settembre, un ufficiale tedesco dal tono gentile   lo prelevò con il pretesto che vi era bisogno di un medico. Secondo la testimonianza di alcune donne, giunti alle cave di marmo, il professore fu fatto scendere da una camionetta e ucciso con un colpo di pistola alla nuca. I due figli maggiori non seppero più nulla del padre e riuscirono a fuggire dal campo di Fossoli prima della deportazione ma a casa li attendeva un’altra tragedia: il fratello minore Michele Fausto era stato ucciso durante un mitragliamento e la madre, ferita alle gambe, era   impazzita per il dolore. Solo 17 anni dopo la   salma dello psichiatra venne fortuitamente identificata e poté trovare un degno riposo nel piccolo cimitero di Vecoli, davanti al meraviglioso panorama della Lucchesia, quasi a contemplare quella Bellezza che aveva coltivato per tutta la vita e con cui aveva forgiato il suo animo.

La storia di Guglielmo Lippi Francesconi è rimasta nell’ombra per circa 60 anni fino a quando, complice la passione per la musica di un suo assistente, lo psichiatra tedesco Michael Von Cranach rimase colpito dalla vicenda del bambino della ninna-nanna di Puccini divenuto poi un eroico collega ucciso dai nazisti. Definendolo “… uno degli esempi più luminosi in Europa di opposizione all’uso della psichiatria come strumento di sopraffazione e di violazione della dignità della persona” nel corso di un convegno  Psichiatria e diritti umani, tenutosi a Lucca nel 2000, Von Cranach ha consegnato al mondo la storia di un eroe che non era né un partigiano, né un attivista politico, ma solo un medico che non aveva dimenticato il Giuramento di Ippocrate.

Dott.ssa Vincenza D’Onghia

Immagine I: Il Prof. Guglielmo Lippi Francesconi alla sua scrivania.

Fonti Bibliografiche

1)       AA.VV., Una Storia tutta Italiana-Guglielmo Lippi Francesconi eroica figura di medico, Catalogo della mostra” Perché non accada mai più…ricordiamo”, Tavola 25, a cura dell’Associazione Regionale ANFFAS Emilia Romagna e Amici dell’ANFFAS

2)       Adolfo Lippi, uelQQuel flaneur gentile fucilato dai nazisti, da “Il Tirreno Versilia”, 17 Giugno 2012

3)       Armando Sestani, Nel 69esimo anniversario della strage di Farneta, ISREC Lucca, Settembre 2013

4)       Massimo Michelucci, Episodio di Massa del 10.09.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia, Progetto di Ricerca a cura dell’ANPI-INSMLI

5)       Annacarla Valeriano, Malacarne-Donne e manicomio nell’Italia Fascista, Donzelli Editore, 2018

6)       Giacomo Puccini, Epistolario II 1897-1901, a cura di G.Biagi Ravenni e D.Schickling, Leo Olschki Editore, 2018

7)       Giacomo Puccini, Composizioni vocali da camera, Ricordi 2004

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo