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I mari del Salento invasi dai pesci tropicali

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di NICO CATALANO

In Ecologia, il termine inquinamento, non indica soltanto la presenza di buste di plastica in un prato verde o peggio ancora lo sversamento in mare di tonnellate di greggio.


“Inquinamento” significa soprattutto la presenza in un determinato areale di specie viventi originarie di altri habitat, con una incidenza numerica tale da sviluppare un’impronta ecologica in grado di sovvertire i rapporti instaurati nel tempo tra le diverse specie e quindi di pregiudicare in maniera irreversibile i cicli ecologici di quell’ecosistema.

Un fenomeno simile, da qualche anno si osserva con sempre maggiore frequenza nei mari pugliesi, soprattutto nel Salento sia in prossimità della costa adriatica così come di quella Jonica.

Pesci alieni, contraddistinti dalle loro caratteristiche forme strane, estranei alle acque salentine, che provenienti dai mari di altri continenti, giungono per esplorare, ambientarsi, colonizzare e spesso modificare in modo non reversibile gli equilibri dei nostri ambienti marini. Tra questi pesci, particolare menzione meritano il pesce nastro (Trachypterus trachypterus), il pesce falce (Zu Cristatus) e il carango dentice (Pseudocaranx dentex ) tutte specie ittiche rilevate nella zona di  Porto Cesareo. Invece, presso Santa Maria di Leuca, è stato rinvenuto il Tetragonurus cuvieri, un pesce oceanico, il quale nel suo areale originario vive in acque profonde e presenta la caratteristica di possedere carni tossiche per l’uomo.

Le cause della presenza nei mari del Salento di queste specie tropicali sono diverse, prima fra tutte quel riscaldamento progressivo delle acque e la conseguente tropicalizzazione marina, fenomeni generati dai cambiamenti climatici indotti dall’ elevato livello di concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, conseguenza dell’utilizzo di combustibili fossili, delle industrie, degli allevamenti fabbrica, dell’agricoltura intensiva e della deforestazione di ampie zone del globo. Inoltre l’esistenza alle latitudini pugliesi di questa biodiversità marina aliena può essere conseguenza dell’attività antropica tramite l’azione delle grandi navi provenienti dagli oceani che trasportano involontariamente queste specie dai continenti lontani.

Pesci e molluschi, che giungendo nei mari pugliesi, trovano le condizioni ideali per vivere, riprodursi e diffondersi rapidamente grazie soprattutto alla mancanza nei nostri ecosistemi dei loro antagonisti naturali, in pratica mettono in atto, una vera e propria colonizzazione a spese delle specie autoctone marine che vengono di fatto predate e sostituite. Interi ecosistemi marini vengono modificati irreversibilmente, uno tra i casi più emblematici è quello del Granchio Azzurro o Callinectes Sapidus crostaceo aggressivo, onnivoro e vorace originario dell’Oceano Atlantico, dal 2015 presente presso Ugento nel Salento Jonico.

Antropocene è il termine che il biologo Eugene F. Stoemer coniò negli anni ottanta, per indicare l’epoca geologica attuale, nella quale all’uomo sono attribuite le cause di tutte le modifiche territoriali, strutturali e climatiche. L’Amazzonia che brucia, il quotidiano consumismo sfrenato e la corsa al profitto senza etica e regole sono tutti fenomeni globali che causano ricadute locali, tra queste le tante forme di inquinamento perché così come recita la prima legge dell’ecologia “tutto è correlato con il resto”.

Fonte della foto: la Gazzetta del Mezzogiorno

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo