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C’era una volta in Italia

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di MICHELANGELA BARBA

Nel momento in cui si chiude questa edizione del Sudest ci arriva un grido di aiuto da Roma.


Ci chiama una mamma, il suo nome è Laura Massaro.

La conosciamo da un po’, da Facebook e da contatti comuni.

Laura con l’associazione Ebano non c’entra nulla, almeno sulla carta.

È una donna e una madre assolutamente normale.

Anzi, normoinserita per usare un termine caro ai servizi sociali.

Laura non è finita né in strada né in carcere, non è matta, non si droga, accudisce il figlio con modalità socialmente congrue – sempre per stare nella terminologia delle relazioni- e improntate a valori assolutamente medio borghesi: la scuola, la cultura, la socializzazione.

Quasi quasi ci sarebbe stata antipatica senza il MA che segue.

Perché c’è un MA, ovviamente.

Laura Massaro è accusata di alienazione parentele e rischia che il figlio le sia allontanato portato in una comunità per minori a sperimentare l’abbandono e la marginalità che allo stato sono a mille miglia dalla sua vita.

Il bambino di Laura Massaro rifiuta il padre, si sostiene che tale rifiuto sia infondato e che la madre (che da quell’uomo si è separata e ha dovuto ricorrere all’aiuto di un centro antiviolenza) non collabori attivamente per ricucire a forza il legame padre figlio nonostante la volontà del minore chiaramente espressa sia non ricucire assolutamente nulla.

Il bambino non cede per cui si auspica che sottraendosi alla madre e affidandosi prima ai servizi poi al genitore rifiutato possa cambiare la situazione.

Riflessioni sparse.

1)      Si insegna ai bambini, nei programmi di prevenzione della pedofilia (laddove ancora esistano e non siano stati tagliati a favore di altri più variopinti programmi educativi) che “no vuol dire no” e chi va contro un no commette un abuso.

Ammesso e non concesso che sia infondato il rifiuto del padre da parte di questo minore, ci poteste spiegare il senso educativo di non rispettarlo?

2)      Ci insegnano i teorici della Pas , dell’alienazione parentali, che è grave il danno per il minore che cresce con un solo genitore rifiutando il secondo. E concediamoglielo, pur con il beneficio del dubbio. Ma ci potrebbero allora spiegare la differenza tra il danno che questo minore potrebbe patire nel continuare a crescere con la sola madre che ama e la proposta di farlo crescere con il solo padre rifiutato, senza la madre amata. Perché se la matematica non è un’opinione, due genitori non li avrà neppure in questo caso.

3)      Ci insegnano fin dal principio degli anni duemila che le case famiglia devono chiudere , che l’esperienza di vivere fuori casa è  – quella sì- alienante, che occorre spendere fiumi di denaro pubblico per la campagne per i centri per l’affido, per l’affidamento familiare, per formare famiglie affidataria, per operatori che le seguano le famiglie affidatarie  magari con illuminanti laboratori di disegno tutti insieme al venerdì pomeriggio (“se volete essere affidatari dovete essere disposti a mettervi in gioco anche da punto di vista operativo altrimenti ci vengono dubbi sulla vostra motivazione”… un po’ come alla visita di leva di un tempo se ti piacciono le rose devi voler fare il giardiniere altrimenti visita psichiatrica). E poi ancora centri diurni, educativa domiciliare, progetti nelle scuole. Chissenefrega se tutto ciò avviene in un quartiere ghetto, il collocamento eterofamiliare deve essere l’extrema ratio, anche se magari il minore de quo ha iniziato a commettere reati ed è difficile pensare che l’educatore due pomeriggi a settimana o un bel corso di scrittura creativa saranno una barriera sufficiente ad arginare disagio e devianza.

Ma pazienza il principio è sacrosanto: come volontari di Ebano abbiamo a che fare ogni santo giorno con le persone che devono uscire dall’etichettamento, dal senso di disagio, di esclusione, dal sentirsi “gli sfigati” , “le sfigate” che vanno al mare con il pulmino della comunità con sulle portiere il nome della casa di accoglienza e del benefattore che lo ha donato, che mangiano ogni giorno la pasta colla e i biscotti di cartone con il timbro “aiuto ce” donati dal banco alimentare e dalle altre istituzioni benefiche, dei sabati tristi in cui guardi la porta e aspetti che l’educatrice ti chiami per dire che è arrivato qualcuno a farti visita e la visita sembra non arrivare mai…

Conosciamo le persone che hanno provato tutto questo. E non stanno bene davanti a questi ricordi. Neanche dopo vent’anni.

Quale ragionamento perverso può portare a infliggere tutto ciò a un bambino che ha una vita di una normalità sconcertante in virtù del fatto che non vuole vedere qualcuno? Suo padre, d’accordo.  Ma che bisogno c’è di sacrificare tutto il resto sull’altare di questa paternità “qui e ora”? Giochi, sport, scuola, relazioni familiari e tra pari, immagine di sé, inserimento sociale, TUTTO deve venire dopo rispetto al recupero immediato di questa figura paterna? Per di più con la motivazione che ciò sia per il suo bene. Per evitargli un danno.

Vorremmo presentare le nostre utenti cresciute in Istituto o anche in case famiglie moderne a chi è pagato per difendere l’interesse del minore e fa proposte oscene come quella che è stata fatta per questo bambino,, figlio di Laura. Mezza giornata. Poi discutiamo.

4)      Esiste una diceria consolatoria che la violenza sulle donne e sui bambini sia appannaggio delle classi sociali disagiate così come la mannaia del servizio sociale se cala sulla testa di qualcuno avrà il suo ben donde.

Ecco, no. La violenza sulle donne, rinforzata dalla violenza istituzionale, la violenza di quando le Istituzioni si schierano dalla parte del più forte, del maltrattante,  magari con l’avvocato migliore, magari bravo affabulatore come spesso lo sono i narcisisti è un problema trasversale. Nessuna di noi è al sicuro, Pillon o no. Perché la manifestazione indetta per il 28 settembre a sostegno delle madri separate e dei bambini e contro la bigenitorialità forzata proposta dal senatore è stata annullata. Abbiamo fermato Pillon , si è letto dovunque.

Ma oggi che è il 5 ottobre Laura Massaro è qui e trema e suo figlio rischia tutto.

Temo che la recente vittoria politica nelle loro vite sia di un’inutilità sconcertante.

Houston, abbiamo un problema. Urgente.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo