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Il bombardamento su Taranto

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di MARIO GIANFRATE

 

11 novembre 1940


11 novembre 1940: ore 23,02. sul porto di Taranto – dove sono ormeggiate le sei corazzate della Marina Militare – improvvisamente piombano 12 aerei inglesi, di cui due bengali eri, 4 bombardieri e 6 aereosiluranti. Nel cielo risplende una magnifica luna piena ma saranno i bengala a illuminare a giorno le sagome delle navi. Il rombo Swordfish dei motori ha già allertato la contraerei italiana che ha iniziato un intenso fuoco di sbarramento. E’ questione di attimi: mentre i cannoni sparano contro un obiettivo mobile e quasi invisibile, i bombardieri sganciano le prime bombe. Ed è l’inferno!

Ore 23,12: il primo bombardiere –– picchiando a motore spento sul mar Grande, con il suo siluro centra la Cavour.

I colpi incalzanti delle batterie italiane, però, riescono ad abbattere l’aereo che precipita in mare. Ma è ancora una corazzata a essere colpita – la Littorio – , mentre ne escono fortunatamente indenni l’Andrea Doria e la Vittorio Veneto. Alle 23,30 il fuoco cessa del tutto. La prima ondata dell’Operazione Judgement come sarà denominata dagli inglesi, concede un attimo di respiro.

Tra i marinai impegnati nella difesa della base di Taranto, vi è Filippo Rosato, un contadino di Locorotondo. Ha appena vent’anni ed è addetto alla graduazione di distanza di un cannone calibro 76/40.

Intorno alle undici è suonato l’allarme”, ricorda. “Abbiamo ricevuto l’ordine di sparare contro gli aerei di cui sentivamo il rombo, dando inizio ad un violento fuoco di sbarramento. Fu una nottata tremenda. Io ero puntatore, facevo cioè, partire il colpo dal cannone dopo aver preso la mira contro l’obiettivo. La mattina contammo i bossoli: avevamo sparato 225 cannonate”.

Ore 23,25, cinque minuti dopo la cessazione del fuoco. Ritorna la seconda ondata di Swordfish, nel cielo sempre illuminato a giorno dai bengala. Questa volta è la Duilio a essere colpita a prua da un siluro e, quindi, ancora la Littorio. Fallisce, invece, l’attacco alla Vittorio Veneto e all’incrociatore Gorizia. Sono le 0,30 quando gli aereosiluranti  fanno ritorno alla loro base. Le incursioni aeree sono, per il momento,sospese.

Nei giorni che seguono l’attacco alla base navale, le incursioni aeree si rinnovano provocando – il 14 – tre morti e dodici feriti tra la popolazione civile e tra i militari. Il 15 e 16 dicembre i bombardamenti si ripetono, pur senza conseguenze. Nuove incursioni con sgancio di bombe dirompenti e incendiarie il 9, 10 e 11 giugno del ’42: le vittime accertate, questa volta, sono una ventina; i feriti superano il numero di ottanta. Sono anche crollati tre caseggiati. Qualche giorno dopo il numero dei morti sale a quarantuno ma il bilancio è destinato ad aumentare: quando lo sgombro delle macerie sarà ultimato, si conteranno novantanove vittime, delle quali dodici non identificate.

I bombardamenti su Taranto riprenderanno l’anno seguente, il 1943: incursioni nemiche si registreranno il 5 maggio, con due morti e otto feriti; il 5 giugno – in questa circostanza  su un raggio più vasto del territorio – con ventiquattro morti e quarantuno feriti, e quello più grave il 26 agosto. Gli Alleati, alle quattro di mattina, fanno cadere sulla città – in particolare sul Rione Tamburi – una pioggia di bombe che semina panico e distruzioni. Colpite anche la Stazione ferroviaria e molte case operaie oltre Porta Napoli. Le vittime ammontano a una settantina mentre i feriti superano le cento unità.

Ultime incursioni, il 29 di agosto e il 5 settembre. Non ci saranno ulteriori vittime ma molte bombe sganciate sulla città e sui dintorni cadranno al suolo senza esplodere, rimanendo disseminate sul terreno.

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo