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Cronaca

Strategia della tensione, tra fortuna e manine

Pubblicato

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di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO

Questo articolo, trae spunto dalle considerazioni e analisi, dell’avvocato Benedetta Piola Caselli, studiosa di quel periodo storico conosciuto come gli anni della strategia della tensione.

 

L’avvocato Benedetta Piola Caselli, invita a riflettere sui protagonisti della lotta armata sia di sinistra che di destra. Assassini certo, ma anche uomini e donne, con una personalità da conoscere, per meglio capire i fatti e le stragi degli anni di piombo. Per esempio il borsello dimenticato da Lauro Azzolini, l’acqua aperta lasciata in via Gradoli, le bombe esplose troppo presto o non esplose, la strage di Piazza Fontana, sono frutto di imperfezione umana o di oscuro disegno? Questa è la domanda che pone l’avvocato Benedetta Piola Caselli. Una domanda molto interessante, anzi la chiave di lettura per capire la strategia della tensione. Per cercare di dare una risposta, bisogna ragionare su due livelli. Quello degli esecutori e quello più oscuro e indecifrabile, quell’ombra scura che si muoveva nei corridoi delle istituzioni. Degli esecutori, sappiamo praticamente tutto. Dei giovani che negli anni 70 decidono di prendere la via della lotta armata. Brigate Rosse, Nar, e via dicendo. Ragazzi e ragazze con un forte bagaglio ideologico e quasi sempre scarse conoscenze militari. Eppure per anni mettono bombe, uccidono, rapiscono, attaccano le forze dell’ordine. Ci riescono perché sono fortunati? Perché sono preparati? Preparati no di certo, fortunati certo, ma vogliamo ridurre tutto ad una questione di fortuna? Troppo facile e troppo semplice. Nulla è facile e semplice nelle indagini. Per cercare una risposta più articolata, dobbiamo raccontare la vicenda di due servitori dello Stato. Il Generale Dalla Chiesa e il Magistrato Amato. Nel 1974, Dalla Chiesa con i suoi carabinieri riesce a smantellare praticamente le Brigate Rosse. Riesce a scappare, molto e troppo fortunosamente, Mario Moretti. Lo stesso 1974, il nucleo investigativo di Dalla Chiesa viene sciolto. E le Brigate Rosse, possono rinascere e preparare l’attacco allo Stato, in via Fani. Dalla Chiesa verrà richiamato nuovamente ad occuparsi di antiterrorismo nel 1978. Attenzione però, non durante il sequestro Moro. Viene chiamato dopo il ritrovamento del corpo di Moro. Dalla Chiesa in pochi mesi, mette le Brigate Rosse in ginocchio. Perché non incaricare lui di trovare e liberare Moro? Passiamo al Magistrato Mario Amato. Amato a Roma si occupa di indagini sull’estremismo di destra, in particolare sui Nar. Amato è capace e caparbio. Con la necessaria collaborazione e con i necessari mezzi, potrebbe mettere fine ai Nar. Invece, viene lasciato solo. Solo e senza protezione. Questo permette ai Nar, di ucciderlo facilmente nel 1980. Certe omissioni investigative, certe trame politiche, non possono trovare spiegazione facendo ricorso alle coincidenze o alla fortuna. La verità è che ci siamo concentrati troppo sugli esecutori, sulle dinamiche degli attentati e poco sulle trame nei corridoi dove invece doveva decidersi la lotta al terrorismo. La vita politica italiana è stata per anni condizionata dalla paura del terrorismo e dell’invasione dei rossi. La gente votava spesso condizionata dalla paura. Paura che è stata sfruttata per creare una politica di corruzione, svelata solo parzialmente dalla indagini di Tangentopoli. In Italia è quasi sempre questione di soldi, quasi mai di ideologia. Questa è forse la chiave per capire la strategia della tensione.

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