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Ersilia, sposa di Romolo (parte seconda)

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di MARIA PACE

Ma chi era questa Ersilia, destinata a diventare la prima Regina di Roma?


Intorno al suo nome nacquero diverse leggende.

Secondo gli storici Macrone  e  Plutarco, era già sposata con un certo Ostilio, di origine latina, da cui aspettava un figlio, Osto Ostilio,  antenato di Tullo Ostilio, terzo Re di Roma.

Ignorando il suo stato, i Romani rapirono anche lei, che, in seguito, come sappiamo, divenne la sposa di Romolo, a cui dette due figli: una femmina di nome Prima ed un maschio, chiamato Avilio.

Per ordine di Romolo, le ragazze furono affidate alla custodia delle poche, ma virtuose e rispettabili matrone, che se ne presero cura fino a quando le ragazze non accondiscesero, di propria volontà e senza alcuna sollecitudine o costrizione, a convolare a nozze con i giovani prescelti. E, quando questo avvenne, le nozze furono celebrate con pompa magna e rispettando il sacro rituale degli sponsali.

In realtà, il novello Re di Roma dovette avere il suo da fare per tenere a freno l’irrequietezza dei suoi giovani guerrieri, un popolo tutt’altro che docile e ancora irritato dal rifiuto dei padri delle ragazze.

E non a torto. Questi padri continuavano a rimanere irremovibili  ed ostinati nel loro rifiuto e continuavano ad inviare ambascerie a Roma per richiedere la restituzione delle loro figliole.

Ostinati anche i giovani guerrieri romani, i quali rispondevano a queste ambascerie sempre con la stessa risposta:

“Non vogliamo fare delle vostre figlie delle schiave o concubine, ma delle mogli.” Non  si  stancavano  di ri-

petere.

Il più ostinato di tutti era proprio il padre della bella Ersilia, il nobile Curzio, principe degli Antemnati, di cui Romolo si era ardentemente invaghito e la bella Ersilia non voleva contravvenire al volere paterno. Ma poi, pian piano, anche lei, come le altre ragazze,  cedette ed acconsentì alla sospirata unione con il giovane Re di Roma.

Tutto sistemato, allora?

Non proprio!  Antemnati, Crustomini e tutti gli altri popoli Sabini non volevano proprio saperne di imparentarsi con gli abitanti della nuova città e tantomeno accettare l’onta del disonore e volevano a tutti i costi riprendersi le figlie, cosicché, pur consapevoli della superiorità militare di Roma, le dichiararono guerra.

I primo scontri si conclusero con la sconfitta  dei Ceninebsi, poi degli Antemnati, di cui era originaria Ersilia, dei Crustomini; infine vi fu lo scontro con i Sabini di Stazio.

Dopo ripetuti attacchi e la presa del Campidoglio da parte dei Sabini, con l’aiuto di una  ragazza romana di  nome Tarpea, vi fu lo  scontro finale presso il lago di Curzio. Fu uno scontro violentissimo che non fece vinti né vincitori, ma che vide un gesto straordinario da parte delle donne rapite. Ecco come Livio riporta il fatto:

«Là mentre stavano per tornare a combattere nuovamente, furono fermati da uno spettacolo incredibile e difficile da raccontare a parole. Videro infatti le figlie dei Sabini, quelle rapite, gettarsi alcune da una parte, ed altre dall’altra, in mezzo alle armi ed ai morti, urlando e minacciando con richiami di guerra i mariti ed i padri, quasi fossero possedute da un dio… Alcune avevano tra le braccia i loro piccoli… e si rivolgevano con dolci richiami sia ai Romani sia ai Sabini….  Da una parte supplicavano i mariti e dall’altra i padri. Li pregavano di non commettere un crimine orribile, macchiandosi del sangue di un suocero o di un genero e di evitare di macchiarsi di parricidio verso i figli che avrebbero partorito, figli per gli uni e nipoti per altri. […] Se il rapporto di parentela che vi unisce e questi matrimoni non sono di vostro gradimento, rivolgete contro di noi l’ira; noi siamo la causa della guerra, noi siamo responsabili delle ferite e dei morti sia dei mariti sia dei genitori. Meglio morire piuttosto che vivere senza uno di voi due, o vedove o orfane.»

I due schieramenti allora si scostarono, cedendo alla commozione, e lasciarono che le donne si ponessero nel mezzo.”

La pace fu riportata fra i due popoli e la bella Ersilia ebbe un ruolo fondamentale nell’alleanza che, per il bene comune, Romani e Sabini  finirono per stringere.

Passarono gli anni ed Ersilia un giorno restò sola: suo marito, il primo Re di Roma, ascese in cielo per volere degli Dei… così dissero i Senatori che erano con lui in Campo Marzio…Dissero così e lo collocarono in cielo fra le altre divinità con il nome di Quirino.

Chissà se Ersilia avrà creduto a quello che, con dovizia di particolari, i Senatori raccontarono di quel glorioso evento. Forse no; forse non ci credette, però anche a lei, dopo la morte, fu riservata l’apoteosi e le riconobbero il dono della giovinezza eterna e le  diedero il nome di Hora

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo