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Un altro articolo su Carlo Nordio

“Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati?”. Così domandava Sant’Agostino nel “De Civitate Dei”. Ormai parlare dei litigi del ministro della Giustizia con la realtà è diventato un appuntamento fisso. Se fosse una serie tv si chiamerebbe “criminal justice”.

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Wikimedia Commons, dominio pubblico
In copertina, il ministro della Giustizia Carlo Nordio durante il giuramento. Wikimedia Commons, dominio pubblico

di Alessandro Andrea Argeri

Nel 1993 vennero intercettati i telefoni di Bettino Craxi allora latitante. In una delle tante telefonate intercettate un certo “Salvatore”, scoperto poi essere il figlio dell’avvocato di Craxi, si sarebbe dovuto presentare da un magistrato di nome Carlo Nordio per portare elementi sulle “tangenti rosse”. Il nome vi ricorda qualcuno? Trent’anni dopo è diventato ministro della Giustizia. Il suo per le intercettazioni ha quindi radici profonde, ciononostante ne ha chieste trecentomila durante l’inchiesta del Mose a Venezia.

Scrivo un altro articolo su Carlo Nordio perché in fondo mi sono affezionato al personaggio. Mi ricorda quel compagno di scuola ogni anno promosso per miracolo, il quale una volta arrivato non si sa come in quinto iniziava a sproloquiare su come “riformare l’istruzione italiana da cima a fondo”. All’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione si è limitato a un discorso breve, ben distante dalle provocazioni delle ultime settimane. Agli stessi magistrati trattati alla stregua di mafiosi il ministro della Giustizia ha promesso “leale collaborazione”, un “costruttivo dialogo con tutti gli attori”, dopodiché ha addirittura assicurato: “Se non credessi nella sacralità dei principi di autonomia e indipendenza della magistratura, non avrei indossato la toga, come credo di aver fatto, con dignità e onore”.

È palese come Nordio non abbia idee, né sia capace di sostenere quelle suggeritegli. “Nessuno parla al telefono di reati”, infatti le forze dell’ordine cercano frasi allusive, non palesi ammissioni, se poi trovano anche quelle, ben vengano. “Le intercettazioni costano troppo”. Con l’arresto di Matteo Messina Denaro hanno incassato quattro miliardi, mentre la spesa annuale per tutte le intercettazioni è stata di duecento milioni, dunque si sono pagate da sole. Sono troppe? In realtà sono in calo. Violano la privacy dei cittadini? Dal 2020 non c’è stata alcuna violazione. I numeri arrivano dalla Commissione Giustizia al Senato.

“Le intercettazioni, dal punto di vista dei bersagli, sono in calo, non in aumento. C’è stato un picco nel 2013, quando erano state 141.169, mentre nel 2021, ultimo dato disponibile, sono state 94.800, il dato del 2021 è vicino a quello del 2004″. Le intercettazioni tramite trojan sono appena il 3%. Inesistente anche il tema della separazione delle carriere: lo scorso anno solo ventuno p.m. sono diventati giudici.

Di Matteo Messina Denaro ormai conosciamo tutto, tranne quanto dovremmo sapere. Sappiamo della sua malattia, della vita sessuale, dei messaggi con gli amanti, dei selfie con i medici, dei vari outfit, dei covi perquisiti in diretta, siamo informati persino sulle calamite attaccate al frigorifero o sui poster appiccicati al muro. Mancava solo la cronaca minuto per minuto della chemio. In rete ci sono persino i nomi dei favoreggiatori con tanto di foto. Eppure, sapere tutto questo è proibito dalle leggi. Quella sulla Privacy vieta le notizie sulla salute; la riforma Orlando impedisce la trascrizione di intercettazioni penalmente non rilevanti; la riforma Cartabia non consente agli inquirenti di dichiarare né i nomi degli arrestati né i capi d’accusa; il Codice di procedura penale dispone la segregazione di notizie penalmente rilevanti, dunque anche i video dei blitz.

Insomma, le “paranoiche” forze dell’ordine, coadiuvate dai pericolosissimi giornalisti, hanno violato più leggi dell’arrestato per mettere il “presunto innocente” alla “gogna mediatica” prima della sentenza definitiva del processo. A questo punto resta un mistero il perché nessuno gridi al “garantismo” per Matteo Messina Denaro. Se si fosse trattato di un politico, come è accaduto anche recentemente, non festeggeremmo il successo dello Stato. I p.m. verrebbero criminalizzati persino più di ora, la magistratura continuerebbe ad essere definita un “cancro dello Stato”. Le forze dell’ordine, i giornalisti, i magistrati, rei di aver osato parlare, verrebbero umiliati, portati al pubblico patibolo.

Invece l’arrestato è un mafioso, dunque la politica può gioire davanti all’opinione pubblica grazie a informazioni tuttavia precluse al pubblico dominio. Nel mentre fingiamo non esistano i condannati o gli indagati nell’attuale Parlamento. Forse il vero obiettivo dietro alla proposta di abolire le intercettazioni è quello di nascondere i reati della pubblica amministrazione, ovvero coprire i politici corrotti? Ma soprattutto: prima del 25 settembre 2022 qualcuno aveva mai visto un Governo opporsi a sé stesso?

Cosa Nostra si è trasformata come tutte le mafie. Secondo le ultime intercettazioni avrebbe addirittura una propria carta costituzionale. Non è più solo “criminalità organizzata”, è un sistema diverso rispetto a qualche anno fa. Le mafie sono inserite nel tessuto economico-sociale, non sono più emarginate o usate come negli anni 70-80. Ora sono più consapevoli perché sono diventate più forti del potere legale, quindi possono mercanteggiare, chiedere, ottenere.

La gente ha paura, ha timore, ma ha anche sfiducia nei confronti dello Stato, incapace di dare le risposte. Rispetto al rappresentante pubblico il capomafia è sempre presente sul territorio, quindi dà risposte, drogate, clientelari, tuttavia è più credibile agli occhi del popolo perché è molto più vicino. Non si spiegano altrimenti trent’anni di latitanza nel proprio territorio per un super ricercato. Se ci sia stata complicità da parte della cittadinanza poco importa. Anche altri boss mafiosi come Provenzano sono stati presi sotto casa. Il problema è la concezione del modello mafioso, visto come vincente nonché più affidabile dello Stato in quanto quest’ultimo non si occupa dei poveri. Siamo solo a un’altra resa dei conti tra politica e magistratura. Se Nordio vince, perde il Paese.

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).