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La disumana economia del Qatar

Con oltre il 90% di residenti senza cittadinanza, il Qatar ha il più alto tasso di lavoratori migranti al mondo. Ma perché il regime arabo ha bisogno di così tanta forza lavoro? Inoltre, perché così tanta manodopera vuole andare nel piccolo Qatar?

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Credit foto Pixabay, immagine di dominio pubblico.

di Alessandro Andrea Argeri

Il Qatar possiede un’immensa ricchezza grazie alle sue enormi riserve di combustibili fossili. Recentemente il piccolo stato arabo è diventato famoso sia per i mondiali di calcio sia per il “Qatargate”, scandalo sulla corruzione di alcuni esponenti del parlamento europeo convinti sotto compenso a parlare bene del regime per migliorarne l’immagine agli occhi delle democrazie occidentali. Il Qatar ha catturato l’attenzione degli economisti grazie alla sua particolare economia, in quanto detiene uno dei PIL pro-capite più alti al mondo: 61.000 dollari, una cifra veramente alta se si pensa come l’Europa abbia appena 37.000 dollari, mentre il resto del mondo è fermo addirittura a 12.000 dollari. Allora i qatarioti sono tutti ricchi?

Passata da 650.000 abitanti nel 2000 a 2.700.000 nel 2022, negli ultimi vent’anni la popolazione del piccolo Stato arabo è letteralmente esplosa, ma lo stesso non è stato per la cittadinanza. Attualmente i migranti sono il 5% della forza lavoro globale, un numero destinato ad aumentare considerato come la migrazione sia uno dei fenomeni più antichi della storia umana. Ebbene con il suo 90% di popolazione senza cittadinanza il Qatar è il leader di tutti i tempi in questa speciale classifica: gli immigrati in percentuale sulla popolazione sono il 77%. Seguono il Kuwait col 73%, Singapore col 43%, il Canada col 21%, l’Irlanda col 18%. Il massiccio aumento dell’economia è infatti dovuto ai lavoratori migranti provenienti da India, Nepal, Indonesia, Filippine, Bangladesh, le cui condizioni disumane, brutali, al limite delle possibilità di sopravvivenza, sono state denunciate a più riprese dai media occidentali.

Quindi i migranti non godono dei benefici del proprio lavoro nonostante abbiano contribuito a sviluppare l’economia. Dobbiamo pertanto domandarci: quali sono i benefici portati dai lavoratori migranti non solo nei Paesi di accoglienza bensì anche in quelli di origine? Quali sono gli svantaggi economici di cui gli Stati, sia quelli di arrivo sia quelli si partenza, dovrebbero essere consapevoli? C’è un modo per evitare questi problemi così da migliorare le condizioni dei lavoratori?

Bisogna innanzitutto tenere a mente come il cosiddetto “mercato del lavoro” sia un “mercato” non solo di nome ma anche per definizione; pertanto, i salati diminuiscono se ci sono più lavoratori rispetto ai lavori disponibili. Diversamente, quando ci sono meno lavoratori disponibili, dunque la domanda è più alta dell’offerta, i salari aumentano.

Il Qatar ha il più alto commercio di lavoro migrante al mondo. Ciò è dovuto alla limitazione dell’effettiva produzione nonché al desiderio di costruire infrastrutture per il turismo d’affari fino a quando le riserve economiche non si esauriranno. Tuttavia, la presenza dell’economia presenta almeno due aspetti particolari: i lavoratori edili non sono gli unici lavoratori migranti; il Qatar ha scommesso largamente su manodopera altamente qualificata, risorse umane, esperti per condurre progetti finanziati da aziende internazionali. In breve, personale notevolmente specializzato è stato combinato con una manodopera quasi del tutto priva di competenze. I primi vanno protetti, poiché portano l’intelligenza necessaria per contribuire allo sviluppo; i secondi invece potrebbero anche morire in quanto possono essere facilmente sostituiti.

Ora, i lavoratori migranti hanno abilità sostitutive o di complemento. In alcuni Paesi diventano quindi sostituti, ovvero creano competizioni coi lavoratori già esistenti. Ad esempio, se ci sono già molti braccianti agricoli, lo sbarco di altra forza lavoro pronta a svolgere quel lavoro creerà competizione, di conseguenza il salario medio diminuirà. Incredibilmente in Qatar questo problema non esiste data la continua necessità di lavoratori in un Paese in forte crescita, perché quei lavori ancora non ci sono, cioè non sono già presenti sui territori. Oltretutto l’aumento dell’immigrazione porta sviluppo siccome più operai hanno bisogno di altrettanti ingegneri per essere diretti.

Povertà, orari lavorativi estenuanti, temperature troppo alte nei mesi caldi, mancanza di sicurezza sui luoghi di lavoro, decessi improvvisi, morti non chiarite: le condizioni dei lavoratori migranti in Qatar non sono solo impegnative, bensì altamente rischiose poiché versano nelle peggiori condizioni possibili. I datori di lavoro controllano ogni aspetto della vita del lavoratore, il quale non può aderire ad alcun sindacato; dunque, la mobilitazione collettiva è stroncata sul nascere, gli operai non possono ottenere giustizia né risarcimenti.

Secondo il Guardian 6.500 lavoratori migranti sono morti in Qatar per le costruzioni degli stadi per giocare il mondiale di calcio. Allora perché i lavoratori vanno in Qatar? Principalmente per denaro poiché provengono da paesi dove il tasso di povertà assoluta è molto alto. Inoltre, i lavoratori inviano soldi alle famiglie rimaste nei paesi d’origine. Viene così generata un’economia sommersa basata sulle “rimesse”, le quali in termini di percentuali di PIL rappresentano il 46% a Tonga, il 33% in Tajikistan, il 26% in El Salvator, il 23% in Nepal, il 15% in Moldova, mentre in tutto il mondo ammontano a circa 630 miliardi di dollari. Di questi, 858,7 miliardi provengono dal Qatar. I valori aumentano se si considerano anche i flussi non registrati, stimati essere maggiori del 50% dei dati attualmente in nostro possesso.

Per riassumere: l’aumento delle rimesse incrementa il numero di investimenti, con conseguente aumento in termini di PIL. Tuttavia, non possiamo considerare le rimesse “a positive net”, un netto positivo, in quanto rendono uno Stato dipendente da un altro. Di conseguenza non solo l’economia diventa meno competitiva sul piano internazionale, bensì si verifica anche un calo nella competitività dell’export. Come risolvere le difficili condizioni dei lavoratori del Qatar? Aiutare le zone povere del pianeta a sviluppare un proprio benessere potrebbe già essere una valida soluzione. Altrimenti, finché gli Stati meno sviluppati dipenderanno dal lavoro all’estero, andrà sempre così.

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Fonti:
https://www.theguardian.com/global-development/2021/feb/23/revealed-migrant-worker-deaths-qatar-fifa-world-cup-2022
https://www.britannica.com/place/Qatar/Economy
https://www.heritage.org/index/country/qatar#:~:text=Qatar’s%20economic%20freedom%20score%20is,the%20regional%20and%20world%20averages
https://www.ashghal.gov.qa/en/AboutQatar/Pages/Economy.aspx
https://www.heritage.org/index/country/qatar
https://www.business-humanrights.org/en/latest-news/qatar-population-of-migrant-workers-swells-to-21-million-ahead-of-2022-fifa-world-cup/

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).