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Cronaca

INTERVISTA A BETTINA FERRETTI, AUTRICE DEL LIBRO “CORPUS DOMINI. IL CASO ORLANDINI”

Questa settimana abbiamo il piacere di intervistare Bettina Ferretti, che ringraziamo. Autrice del libro “Corpus Domini. Il caso Orlandini”. Elvira Orlandini è stata uccisa il 5 giugno 1947, a Toiano nella provincia di Pisa. Un delitto irrisolto, una storia sospesa

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Questa settimana abbiamo il piacere di intervistare Bettina Ferretti, che ringraziamo. Autrice del libro “Corpus Domini. Il caso Orlandini”. Elvira Orlandini è stata uccisa il 5 giugno 1947, a Toiano nella provincia di Pisa. Un delitto irrisolto, una storia sospesa https://ilsudest.it/societa/2021/12/13/elvira-orlandini-una-morte-senza-tempo-e-senza-giustizia/.

Può dirci qualcosa di lei?

Mi chiamo Bettina Ferretti e non sono una scrittrice. Essere scrittori è un’altra cosa. Mi sono sempre occupata di arte ed in particolar modo delle arti applicate. Sono una musicista ed autrice di testi per la musica, prima di dedicarmi a tempo quasi pieno alle note ho insegnato tecnologia dei metalli e storia dell’oreficeria etnica in accademie private per orafi nella città di Firenze, luogo che mi ha adottata per diversi anni. Vivo nel comune di San Miniato in provincia di Pisa in una piccola frazione del suddetto comune che si chiama Balconevisi. Qui ho ritrovato il tempo e la voglia di tornare alla pittura ed allo studio, ma ho trovato anche il silenzio giusto per dedicarmi alla scrittura.

  • Come può convivere la passione per l’arte con la narrazione della cronaca nera?

Convivono in due tratti fondamentali: curiosità e ricerca dei particolari ossessiva. Quando si dipinge, si scolpisce o si modella la materia bisogna avere un grande spirito di osservazione, questo non vale solo nell’arte realistica ma anche in quella astratta se si vuole suscitare una qualche emozione in chi viene a contatto con l’opera, ed allora ogni particolare assume un significato fondamentale. Niente deve essere lasciato intentato, abbozzato. Facciamo un esempio: la mela sul tavolo per tutti è “la mela sul tavolo”. All’occhio dell’artista la mela è una tavolozza di colori, quanti? Da due a un milione, ciò dipende dallo spirito di osservazione a ciò che si vuole sottolineare della mela e del tavolo, gli oggetti hanno punti di luce o di ombra, un’ombra propria, una riflessa, punti di luce, forme che a loro volta le si disegnano addosso. Se si vuole scrivere di cronaca nera occorre essere minuziosi, ma non solamente nel riportare i fatti, anche nel contestualizzarli. I personaggi della vicenda devono essere dipinti bene, il contesto deve essere chiaro, le dinamiche devono essere reali, la ricerca e la narrazione della stessa devono essere limpidi e mai fuorvianti. Tutto ciò, a mio avviso, richiede una grande onestà intellettuale, coraggio, ricerca del vero come del “bello” nell’arte. Occorre tempo e pazienza, occorrono anche momenti di frustrazione, ed è essenziale munirsi anche di un certo distacco emotivo (che è la parte più difficile).

  • Perché ha scelto di  scrivere un libro sull’omicidio di Elvira Orlandini?

Potrei rispondere in mille modi diversi. Ne scelgo uno, quello che per me è più semplice da spiegare e condividere. Sono nata ad una ventina di chilometri da Toiano, i miei genitori ed i miei nonni mi ci hanno sempre portata fin da piccola e mi hanno sempre raccontato la storia della “bella Elvira”. Dapprima la percepivo come una favola senza lieto fine, lontana nel tempo e nello spazio, sospesa tra realtà e leggenda. Ne ero letteralmente affascinata ed inquietata allo stesso tempo. I racconti dei nonni, così angoscianti ma anche molto confusi e quelli dei miei genitori e dei loro amici (ognuno aveva la sua versione) mi incuriosivano ma no mi “accontentavano”. Da più grande iniziai a chiedere ai vecchi che avevano vissuto direttamente il fatto, domandavo di tutto e loro avevano sempre una qualche verità mai detta, un segreto incredibile che si sarebbero portati nella tomba. Ma le cose non sempre “tornavano”, quasi mai coincidevano con la realtà. Alla luce del periodo che stiamo vivendo e della mattanza di donne vittime di femminicidio il caso Orlandini, a mio avviso, doveva essere rispolverato, riportato all’attenzione dopo anni di silenzio. Ho iniziato a scrivere con il materiale che avevo e le testimonianze sbobinate che tenevo da anni nel cassetto, ma dopo qualche mese mi sono arenata. Non volevo riscrivere la storia, non era quello che mi interessava. Cosa poteva essere fatto per lasciare una documentazione storica, non approssimativa, non fuorviata, e spogliare questa vicenda di tutti quei racconti (intriganti ma assurdi) che gli si erano incollati addosso? E chi ero io per riscrivere questa vicenda senza tenere conto dei racconti dei vecchi? Nessuno. L’unico modo per ritagliarmi credibilità era quello di oltrepassare il limite delle emeroteche, dei discorsi da bar, dei video su youtube e anche quello delle mie idee in merito: cercare di accedere agli atti ufficiali custoditi dalla corte d’assise di Firenze, un enorme faldone a fogli sciolti, fase immediata, fase istruttoria, processi, sentenza.  Dopo un iter non semplicissimo mi hanno accordato l’accesso, è stata una grande emozione

  • Il suo è un libro sulla morte o sul ricordo della vittima che sopravvive alla morte?

Elvira non aveva bisogno di me per sopravvivere alla sua morte, fin troppo, questo fatto, ha catturato l’interesse di molte persone e fin troppo si sono raccontate castronerie da parte di sedicenti conoscitori della vicenda. Forse (e sottolineo forse) Elvira ed il suo ricordo avevano bisogno che uscissero dal buio dell’archivio i fatti veri e che a questa donna ed alla sua morte venissero restituite la dignità che meritavano. Peccato non aver potuto dare una mano nei tempi giusti ai parenti di lei, un vero peccato.  Spero che oggi la gente abbia voglia di conoscere la verità, spero sia in grado di spogliare la vicenda dalle tinte della favola, che sia finalmente pronta a raccontare la storia come veramente è stata e che, giunti a questo punto, sia in grado di rivalutare molte cose e possa fare a meno del “pittoresco”, scindendolo con assoluta certezza e consapevolezza dai racconti dei nonni.

  • L’assassino di Elvira Orlandini non è mai stato condannato, a causa di errori nelle indagini o per oggettivi limiti delle tecniche di polizia scientifica dell’epoca?

Credo che gli inquirenti, con i mezzi che avevano a disposizione, abbiano fatto un buon lavoro, oggi l’assassino di Elvira sarebbe stato scoperto in pochi giorni o addirittura in poche ore, ne sono convinta. All’epoca i mezzi erano pochi, la scena del crimine fu contaminata immediatamente e non fu protetta in alcun modo, ma era cosa normale. Il corpo di Elvira fu messo nelle condizioni di essere vigilato solo da parenti ed amici, i piantoni erano carabinieri di campagna che non sapevano bene come comportarsi, un mix di circostanze che all’epoca erano del tutto normali se una cosa del genere accadeva in un piccolo paese di campagna, Toiano non fece eccezione purtroppo. Nonostante tutto però le perizie e le relazioni sul territorio e sulla scena del crimine sono ben scritte ed accurate, fecero quello che poterono fare.

  • Può farci un ritratto di Elvira Orlandini?

Anche in questo caso cercherò di essere “corretta” ed il ritratto sarà ciò che emerge dalle testimonianze presenti in istruttoria: era una ragazza semplice, attaccata alla sua famiglia, una lavoratrice instancabile, piccola ma forte come tutte quelle giovani contadine abituate a faticare sin da piccole. Era profondamente innamorata del suo fidanzato Ugo, sognava una famiglia con lui. Aveva un aspetto grazioso, un po’ da cinema dell’epoca, per questo era una donna ammirata, non passava inosservata Elvira, non solo per il suo aspetto fisico. Era dotata di un’eleganza naturale e del senso dell’umorismo che all’epoca era poco diffuso tra le donne che dovevano essere più “meste”, insomma era una con la battuta pronta ed un carattere gioiale e spigliato. Era una donna con molte sfaccettature, decisa ma allo stesso tempo fragile, molto fragile. Negli ultimi mesi della sua vita aveva perduto alcune delle sue sfaccettature, non stava molto bene, era come “spenta”.

https://www.youtube.com/watch?v=xQDNc-Fs_Ws
  • Che Italia era quella del delitto del corpus domini?

Domanda difficilissima. Era un’Italia con mille facce. Proviamo in poche parole a descrivere l’Italia, o meglio la Toscana, o meglio ancora la campagna Toscana della provincia di Pisa. Il dopoguerra ci descrive in molti casi la smania di emancipazione e di libertà che la caduta del fascismo e la liberazione portarono negli italiani, ma questo fenomeno si registra soprattutto nelle città. In campagna le condizioni si presentavano molto differenti. Se da una parte le campagne erano state meno “toccate” dalla fame e dai bombardamenti (tanto che dalle città si sfollava a cercare rifugio proprio in campagna), in seguito sembrarono restare pietrificate, luoghi nei quali le condizioni parevano essere cambiate di poco. I giovani reduci facevano ritorno al paese e ricominciavano a fare esattamente quello che facevano prima: i contadini, o meglio, i coloni assieme alle loro famiglie. Cercavano moglie e formavano così nuovi nuclei fotocopie di quelli da cui provenivano. Politicamente la Toscana era rossa, contava iscritti al Pci che venivano dalla campagna e che vedevano nel partito una sorta di ribellione al signore padrone terriero, ma per militare seriamente ci si doveva spostare almeno nelle cittadine, tra l’altro con la scomunica del 49 in molti tornarono sui loro passi. A Toiano tutto ristagnava e mentre la voglia di progresso invadeva città e cittadine, in campagna facevano fatica a stare al passo. Le donne erano la spalla dell’uomo, le famiglie patriarcali, le mogli dovevano mettere al mondo figli, possibilmente maschi che erano la forza lavoro agognata dai padri. Elvira sarebbe diventata una di queste mogli, niente di più e niente di meno. I “vizi”? il cinema ogni tanto e qualche ballo alle feste di paese.

  • Quali difficoltà comporta la raccolta del materiale su caso così “vecchi”?

Se ci fosse una classifica delle difficoltà metterei al primo posto la trascrizione: molti documenti sono scritti a mano e le grafie spesso sono mal leggibili, occorre avere molta pazienza e non perdersi d’animo davanti a intere paginate di materiale che si presenta in queste condizioni. Richiedere l’accesso agli atti giudiziari di per sé non è difficile, ma non si pensi che sia “agile”. I tempi di attesa spesso sono lunghi e le richieste devono essere fatte più volte in maniera chiara. Nel mio caso ho dovuto fare molte dichiarazioni e depositare ogni mio scritto perché trattandosi di omicidio il caso non potrà mai risultare prescritto. Ho trovato giusto che le consultazioni siano sempre state fatte all’interno dell’archivio di stato, ogni volta completando l’iter di accesso. Il faldone in questione è a fogli sciolti ma estremamente completo ed accurato. La pazienza e l’attenzione ai particolari sono le armi da portare con noi quando ci si addentra in questo tipo di ricerche, e l’onestà, indispensabile quando si vuol lasciare un documento “storico” e renderlo fruibile a tutti. Questo era il mio intento e non volevo tradirlo per nessuna ragione al mondo. Per chi “sospettasse” il contrario vorrei aggiungere che il mio libro è stato depositato in archivio di stato nella sessione di corte d’Assise in ogni sua parte come documento storico per concessione del ministero della cultura-archivio di stato di Firenze.

  • In futuro si occuperà ancora di casi di cronaca nera?

Non ne ho idea, può darsi, certo è che se me ne dovessi nuovamente occupare sarà solo nella condizione di poter lavorare come ho fatto nel caso del corpus domini, un’indagine approssimativa non potrebbe mai interessarmi, per quello ci sono i romanzieri.

https://www.youcanprint.it/corpus-domini-il-caso-orlandini/b/17c0f2bf-06e1-55fc-840e-72b3d316fe5e

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