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Bilanci di guerra, le sanzioni hanno funzionato?

A un anno dall’invasione dell’Ucraina tracciamo un bilancio sull’efficacia delle sanzioni, nonché sulla risposta del fronte occidentale alla Russia.

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In copertina, mappa delle nazioni (in verde) da cui sono state applicate le sanzioni alla Federazione Russa (in rosso). Credit foto Pixabay, immagine di dominio pubblico.

di Alessandro Andrea Argeri

Le sanzioni sono restrizioni commerciali applicate perché le ostilità economiche sono più appetibili di quelle militari, soprattutto quando l’altra Nazione è una potenza nucleare. La NATO ha cercato di evitare di entrare ufficialmente in guerra contro la Russia. Ma hanno successo? Sono efficaci? Come danneggiano i paesi? Quali danni subiscono le economie sanzionate? Quante persone si fermano a considerare i dettagli di ciò che comporta la sanzione?

L’economia russa non è crollata anche grazie all’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, perché lo stringente isolamento russo è solo simbolico, non economico. Mossi da un trionfalismo infondato, a febbraio 2022 gli economisti prevedevano un crollo del 40% del Pil russo. Certamente sono state trascurate le effettive capacità economiche di uno Stato composto da un intero continente. Tuttavia i veri calcoli bisognerà vederli sul lungo periodo. Per analogo ragionamento le statistiche ufficiali russe non possono essere considerate attendibili. L’unico dato facile da verificare è quello sul commercio estero, difficile da manipolare poiché è confrontabile con le valutazioni dei paesi importatori dalla Russia.

Ebbene l’impennata dei prezzi dell’energia ha compensato il calo delle esportazioni. Il gas è stato venduto di meno, ma a prezzi più alti. Oltretutto le nostre sanzioni non sono state finalizzate a colpire i consumi di massa, bensì la capacità di proseguire la guerra. L’embargo tecnologico viene tutt’ora aggirato grazie a Stati non occidentali, quali la Georgia o la Repubblica Popolare Cinese. Queste acquistano a basso costo dall’occidente, dopodiché rivendono a prezzo maggiorato alla Russia, la quale è diventata strettamente dipendente dalla Cina. Per riassumere, ad uscire ridimensionata sarà solo la capacità della Russia di ricattare l’Europa.

Di seguito, alcune considerazioni più tecniche, nonché le risposte alle domande iniziali.

Sia chiaro: nessuno poteva prevedere il futuro. Le sanzioni sono semplicemente azioni diplomatiche intraprese da governi o organizzazioni multilaterali contro altri Stati al fine di proteggere il diritto internazionale, oltre che salvaguardare da minacce alla sicurezza, reali o presunte. Possono avere più forme, esistono infatti sanzioni economiche, con un divieto permanente di commerci, investimenti, flussi di valuta, partecipazioni societarie, ma anche militari, diplomatiche, le quali riguardano solitamente l’espulsione di dignitari con la chiusura di ambasciate, o anche sportive, quando è vietato agli atleti di prendere parte a competizioni internazionali come Olimpiadi o Mondiali.

Bisogna inoltre tenere a mentre come non tutte le sanzioni siano “assolute”, poiché possono essere semplicemente indirizzate a specifici gruppi, industrie, fabbriche o persino individui. Prima dello scoppio della guerra gli Stati Uniti avevano già sanzionato alcuni alcuni oligarchi russi, ma non su tutta la Federazione Russa. Non a caso molti marchi americani erano attivi nelle più grandi città russe (la lista è al link qui).

Quindi qual è la differenza tra sanzione economica e normali vecchie restrizioni commerciali? Le motivazioni: nelle prime sono politiche, mentre nelle seconde sono economiche. Ad esempio, con la presidenza Trump gli Stati Uniti avevano sanzionato prodotti a marchio europeo per privilegiare i propri, quindi applicavano restrizioni commerciali per proteggere il loro commercio. Le sanzioni inflitte all’economia russa sono state le più aggressive mai poste, infatti hanno coinvolto ogni parte del mercato, persino il blocco delle operazioni bancarie internazionali con la chiusura della rete Swift, una sorta di “internet” a cui sono collegate tutte le banche per facilitare le operazioni.

Le aziende russe hanno difficoltà ad operare in queste circostanze. Un male per loro, ma anche per il resto del mondo, poiché l’Europa ha miliardi di dollari nelle banche russe. Una volta tagliate fuori dalla rete, queste non possono più rimborsare perché le istituzioni russe non hanno modo di inviare denaro ai paesi europei. Pertanto, le società creditrici di società russe non possono prendere i loro soldi, per questo alcuni marchi sono rimasti in Russia per evitare il fallimento. Molte compagnie aeree, ad esempio, hanno organizzato nuove rotte per arrivare comunque in Russia. Di conseguenza, oggi è possibile raggiungere Mosca in aereo dalla Turchia.

Prima dell’inizio della guerra, la Russia era il principale fornitore di cibo ed energia in Europa, Asia e Medio Oriente. Inoltre assieme all’Ucraina rappresentava il 30% dell’offerta di grano. Limitarne il commercio ha costretto i paesi a privarsene, almeno in parte. Ne hanno risentito soprattutto le nazioni più povere, dipendenti particolarmente da quelle esportazioni.

Quindi le sanzioni hanno funzionato? Ebbene, dipende dagli obiettivi. Si intendeva fermare i crimini umanitari, arrestare lo sviluppo di armi, provocare un cambio di regime, quest’ultimo probabilmente è il principale desiderio del governo europeo. Nulla è stato raggiunto. Putin è ancora al Cremlino, gli economisti russi avevano previsto la risposta dell’Occidente. La Russia oltretutto era già un paese istituzionalmente isolato, poco democratico, oltretutto ha avuto il tempo di prepararsi.

D’altronde le sanzioni venivano usate anche prima della guerra in Ucraina. Alcuni paesi sono sotto sanzioni da decenni. Corea del Nord, Venezuela, Cuba hanno faticato a prosperare economicamente a causa di esse, tuttavia hanno resistito. L’Iraq rappresenta uno dei peggiori fallimenti di sanzioni di tutti i tempi, perché ha dimostrato come le sanzioni potrebbero essere semplicemente ignorate in un regime la cui popolazione è sufficientemente isolata, anche se questa muore di fame. Con la Russia è stato lo stesso.

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).